Decreto Semplificazioni: il certificato di stato legittimo


Dal 17 luglio scorso è possibile allegare ai rogiti di compravendita l’inedito «certificato di stato legittimo».
Vale a dire una «dichiarazione asseverata» rilasciata da un tecnico abilitato, attestante l’assenza di violazioni alla disciplina edilizia e urbanistica oppure la presenza di «tolleranze costruttive», cioè quelle che non eccedono il 2% delle misure e delle cubature previste dal titolo abilitativo o altre difformità di scarsa entità che non pregiudicano l’agibilità dell’immobile.

È quanto si trae dalla lettura combinata dell’articolo 9-bis e dell’articolo 34-bis del Dpr 380/2001 (il Testo unico dell’edilizia), quali risultanti per effetto del decreto legge 16 luglio 2020 n. 76 (il D.l. Semplificazioni), in corso di conversione.

L’attestato di legittimità introdotto dal D.l.76 (che ha modificato l’art. 9 bis del D.P.R. n.380/2001) sostituisce la dichiarazione di conformità edilizia ed urbanistica.
Lo stato legittimo dell’immobile, dice la norma:

«è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali»

Lo stesso criterio si applica anche nel caso in cui «sussista un principio di prova del titolo abilitativo», cioè un indizio, una traccia della sua esistenza, ma non sia disponibile la copia del relativo documento.
In questo modo, è possibile ottenere una sorta di “passaporto” che potrà essere utilizzato nella prassi per verificare se l’immobile è in regola: il certificato di stato legittimo ha questa funzione e può dimostrare la legittimità della costruzione in maniera giuridicamente certa.

Il nuovo certificato non è obbligatorio, ma è fortemente consigliato munirsene e allegarlo all’atto notarile di compravendita, per attestare in maniera certa che il fabbricato è privo di abusi edilizi ed evitare future contestazioni.
Un altro motivo che rende consigliabile avere il certificato è quello di poter usufruire di agevolazioni fiscali, che non vengono riconosciute per i fabbricati su cui sono stati realizzati interventi abusivi.

Infine, anche se non si vende l’immobile ma si intende compiere un’intervento edilizio su di esso, il certificato potrà attestare che la costruzione è legittima e la dimostrazione di questo requisito di base agevolerà l’iter approvativo delle nuove opere.
Prima del Dl Semplificazioni (che al momento attende la conversione in legge) per garantirsi dall’assenza di abusi edilizi ci si avvaleva di una «dichiarazione di conformità edilizia e urbanistica» rilasciata da un tecnico.

Questa dichiarazione, però, era una certificazione privata, mentre il nuovo certificato di stato legittimo ha una valenza pubblicistica, perché, pur essendo rilasciata da un professionista privato abilitato (come l’ingegnere, l’architetto o il geometra), è asseverata ed è ora prevista espressamente dalla legge come condizione per attestare la condizione di regolarità urbanistica ed edilizia dell’immobile.


Il concetto di stato legittimo:
Il Dl 76 ha infatti introdotto, anzitutto, il concetto di «stato legittimo» di un fabbricato: si tratta del risultato costruttivo che si ha in dipendenza dei lavori effettuati in conformità a un titolo edilizio, sia quello abilitante i lavori originari di costruzione sia quello in base al quale siano stati effettuati interventi edilizi successivi rispetto all’intervento originario.

​Quanto ai manufatti realizzati in epoca in cui gli interventi edilizi non abbisognavano di un titolo edilizio, lo «stato legittimo» è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto ovvero da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, eccetera.

Se l’immobile è stato realizzato prima del 1967 (in un’epoca in cui non c’era ancora l’obbligo di permesso a costruire), la norma precisa che lo stato legittimo «è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto oppure da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza».

Ben sapendosi, però, che una costruzione non può essere perfettamente fedele al progetto, la legge concede quelle che vengono definite tolleranze «costruttive» o «esecutive».

Vale a dire che non si ha una situazione abusiva se vi sono le seguenti situazioni:
1. Mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro inerente alle singole unità immobiliari contenuto entro il limite del 2% delle misure previste nel titolo abilitativo
2. Irregolarità geometriche, modifiche alle finiture di minima entità, diversa collocazione di impianti e opere interne (a meno che si tratti di fabbricati gravati dal vincolo storico-artistico) che siano avvenuti durante i lavori eseguiti per l’attuazione di titoli edilizi, a condizione che non sia pregiudicata l’agibilità dell’edificio.

Il certificato:
A questo punto si apre il tema del certificato di stato legittimo, che, dunque, viene utile (o necessario) ogni qualvolta:
1. Si abbia l’intenzione di effettuare un’operazione edilizia e vi sia la necessità di dimostrare che si interviene su una situazione legittima (secondo Tar Puglia, n. 434/2019, per conseguire un titolo edilizio finalizzato a intervenire su un fabbricato esistente occorre che questo sia stato realizzato in conformità a titoli edilizi legittimanti);
2. Si intenda dotare il fabbricato che si intende vendere di un “certificato” che attesti il suo status di conformità alla normativa edilizia e urbanistica oppure, viceversa, si voglia accertare, con accuratezza la legittimità del fabbricato che si intende comprare; il tutto per mettersi al riparo da ogni controversia che possa insorgere in merito alla “scoperta” di abusi edilizi avvenuta in epoca posteriore al contratto preliminare o al rogito. In sostanza, il rogito con allegato il certificato di stato legittimo diventa una sorta di marchio di qualità dell’immobile, sia sotto il profilo giuridico, sia sotto il profilo materiale;
3. Si intenda approfittare con sicurezza di un’agevolazione fiscale. Per regola generale, i benefici fiscali non sono ottenibili con riferimento a fabbricati sui quali siano stati effettuati interventi abusivi.

Ebbene, in tutti questi casi, con l’ausilio di un «tecnico abilitato» si può ora ottenere una certificazione “ufficiale” dello «stato legittimo» del manufatto (attestante la sua conformità ai titoli edilizi e l’assenza di variazioni eccedenti le tolleranze costruttive): anteriormente a questa normativa, per raggiungere i predetti scopi, ci si avvaleva di una «dichiarazione di conformità edilizia e urbanistica» rilasciata da un tecnico, ma si trattava di una certificazione privata, prodotta sotto la responsabilità civile del tecnico incaricato.
Ora, invece, questa certificazione tecnica, essendo “legificata”, assume un rilievo fortemente pubblicistico in quanto non solo comporta (essendo «asseverata») la responsabilità penale in caso di dichiarazioni false, ma viene anche ad assumere il ruolo di una certificazione ufficiale di conformità edilizia pur essendo prodotta da un soggetto privato (vale a dire il tecnico che ne è incaricato).


Fonte: laleggepertutti.it – agefisnews.com – 31 agosto 2020