Il mercato immobiliare, come tutti i settori dell’economia, ha attraversato inevitabilmente gli effetti della pandemia da coronavirus.
A subirne le conseguenze è stato soprattutto il segmento degli affitti, in particolare nelle città che negli anni passati hanno visto un crescente interesse degli investimenti da parte di soggetti privati e istituzionali per la messa a reddito e che adesso si trovano con gli immobili sfitti.
Attualmente questo mercato è fermo in quanto da un lato subisce la concorrenza di chi vuole acquistare, attratto dai bassi costi di finanziamento con abbondante offerta di immobili e, dall’altro, è frenato dalla mancanza di una visibilità più ampia su come potrebbe evolvere lo scenario abitativo alla luce dei cambiamenti repentini che sono stati imposti dalla pandemia.
La pandemia ha modificato le dinamiche sul mercato italiano degli affitti ampliando l’offerta e riducendo la domanda; fenomeno che non si vedeva da almeno cinque anni.
Uno dei segmenti in cui si è avvertito maggiormente l’effetto è quello residenziale.
Il ricorso alla didattica a distanza e allo smart working ha fatto sì che molti studenti e lavoratori fuori sede lasciassero le abitazioni in affitto.
A questi immobili si sono aggiunti quelli destinati alla locazione turistica i cui proprietari, per recuperare parte dei costi, hanno deciso di spostare sul mercato delle locazioni residenziali tradizionali.
Di queste dinamiche ne beneficiano coloro che sono alla ricerca di una locazione migliore in cui vivere, che prevede soluzioni di maggiori dimensioni e con spazi esterni fruibili.
L’eccesso di offerta in sintesi ha messo sul mercato immobili di qualità superiore.
Il mercato degli affitti residenziali in Italia ha subito un crollo della domanda nel corso del 2020, in media la flessione nei centri principali è stata del 25% circa sull’anno precedente, creando di riflesso un significativo aumento dell’offerta, salita in media del 30% circa, ma con punte molto elevante in alcune città.
La contrazione della domanda è stata particolarmente evidente in due segmenti: quello degli affitti agli studenti universitari fuori sede e quello dei lavoratori in trasferta.
Molti studenti per l’intero anno accademico hanno evitato di sottoscrivere un contratto di locazione, vista la possibilità di seguire le lezioni in DAD (didattica a distanza) e vista anche l’incertezza sulla possibilità di riuscire a seguire tutto l’anno le lezioni in presenza.
I lavoratori trasfertisti hanno anche loro approfittato della possibilità di lavorare in smart working, evitando così di dover prendere in affitto un appartamento vicino alla sede della propria azienda.
All’incremento dell’offerta ha contribuito il comparto degli affitti brevi, che ha visto convertire alloggi dedicati al turismo e alle trasferte lavorative in immobili destinati alle locazioni stabili di medio e lungo periodo.
Questo cambiamento è stato più evidente nei mercati dinamici (Milano, Bologna, Roma e Venezia) con un turnover elevato, mentre le aree meno coinvolte nel settore turistico e piuttosto decentrate rispetto ai centri di lavoro hanno sentito meno l’arresto causato dal confinamento.
Nel settore residenziale tradizionale, invece, la situazione non ha subito significativi cambiamenti: la domanda di locazione da parte delle famiglie è rimasta sostenuta, in linea con la maggiore propensione degli italiani a ricorrere all’affitto riscontrata negli ultimi anni.
In una situazione di calo della domanda e crescita dell’offerta, nelle grandi città i canoni di affitto non potevano che scendere.
L’adeguamento al ribasso in media è stato del 7% circa.
La flessibilità dei prezzi dimostrata testimonia la grande capacità di questo mercato di adattarsi velocemente al nuovo contesto economico e questo è un elemento favorevole, in quanto la rigidità dei prezzi rende statico un mercato, allunga i tempi e ne rallenta la ripartenza.
I ribassi più importanti si sono verificati a Milano, Bologna e Roma, le metropoli che più di tutte le altre hanno sofferto per il calo dei flussi turistici, degli studenti e dei lavoratori fuori sede.
Nei capoluoghi di provincia, al contrario, i canoni di locazione mostrano una buona tenuta in particolare per i bilocali e trilocali.
In queste realtà la domanda è sostenuta e l’offerta, talvolta, insufficiente.
Pressoché ovunque si mantiene in crescita l’interesse per la locazione anche per effetto del riposizionamento di parte della domanda che vive una situazione di reale o potenziale riduzione del proprio potere d’acquisto.
Questa tendenza, che si era già manifestata nel 2019, ha contributo ad ampliare il range di variabilità dei valori di locazione, in maniera più marcata nei mercati maggiori, là dove l’opzione locativa è più diffusa.
Infine, gli immobili adibiti a case vacanze hanno visto un forte ritorno di interesse, in particolare quelli che dispongono di spazi esterni e sono raggiungibili velocemente dai grandi centri lavorativi.
Nel periodo pandemico c’è stata una forte impennata della domanda di case in affitto di questo tipo e anche adesso si preferisce trascorrere le vacanze estive nelle località italiane trasferendo tutta la famiglia e lavorando, ove possibile, in smart working.
Nonostante la grande crescita dell’offerta e la ridotta domanda emersa nel periodo pandemico, i prezzi correnti mostrano maggiore vivacità a livello nazionale.
Sebbene sia complicato fare previsioni in mercati così volatili, è probabile assistere ancora a qualche ritocco dei prezzi nelle principali città.
Attualmente, sulla base delle indicazioni fornite dai i vari operatori specializzati nel settore, si evidenzia una maggiore facilità di affitto per le soluzioni di qualità, ben arredate, posizionate in zone servite e luminose.
Un primo riscontro sulla possibile rivalutazione dei canoni nelle grandi città si avrà in autunno inoltrato, con l’auspicato ritorno alla normalità.
Fonte: Intesa Sanpaolo – Direzione Studi e Ricerche – 28 maggio 2021