Nella nota mensile pubblicata da Intesa Sanpaolo, si evidenzia come il clima di fiducia di famiglie e imprese si stia deteriorando e gli indicatori congiunturali segnalino il peggioramento dell’attuale fase ciclica.
Conducendo ad un impoverimento della capacità di spesa.
Le evidenze numeriche però non mostrano ancora ciò che sembra prospettarsi per il mercato immobiliare italiano nel breve periodo, vale a dire la chiusura della fase di crescita post-pandemica e l’avvio di una nuova fase di arretramento conseguente all’impennata dell’inflazione.
Quest’ultima insieme al rialzo del costo d’indebitamento, indebolisce infatti la capacità di spesa e d’investimento di famiglie e imprese.
L’impennata inflattiva ha determinato una decisa perdita di potere d’acquisto solo in parte mitigata dalle misure governative implementate a supporto dei redditi meno abbienti e delle aziende in difficoltà.
La propensione al risparmio che aveva caratterizzato il periodo pandemico si è notevolmente ridotta in ragione del progressivo ritorno alla normalità e del rincaro dei prezzi.
Infine, l’aumento dei tassi sui prestiti finanziari rende più oneroso l’accesso al credito.
La premessa macroeconomica sembra opportuna per meglio inquadrare il contesto immobiliare pronosticato da Nomisma.
A distanza di pochi mesi dalla forte ripresa della domanda post pandemica, si evidenzia una erosione della componente che dipende dall’accesso al credito per finanziare l’acquisto.
Così come dimostrano i dati di Banca d’Italia, con riferimento alla domanda di mutui nonché la percezione degli agenti immobiliari intervistati da Nomisma.
Se lo scorso anno la ricerca di una abitazione si focalizzava sul territorio fuori dai grandi centri urbani (maggiore disponibilità di spazi all’aperto e prezzi più convenienti), oggi si assiste ad una tendenza inversa più orientata ai grandi centri, ma con la priorità di individuare soluzioni abitative dove fare convergere le esigenze famigliari con quelle di lavoro, oltre che garantire una performance energetica soddisfacente.
La minore intensità della domanda effettivamente manifestata e la politica restrittiva delle banche centrali porteranno, secondo Nomisma, ad una riduzione delle compravendite dopo lo straordinario balzo messo a segno nel corso del 2021 e nei primi 9 mesi del 2022.
Sul fronte dell’offerta immobiliare secondo l’analisi condotta da Nomisma si assiste ad una battuta di arresto della quantità di asset disponibili per la vendita da parte di imprese costruttrici.
I prezzi sono maggiorati in quanto comprendono significativi rincari dei costi energetici e dei materiali da costruzione oltre al ritardo negli approvvigionamenti e nei trasporti.
A settembre 2022 l’Istat ha registrato un aumento dei prezzi alla produzione nelle costruzioni di edifici, dell’8,4% su base annua (beni materiali e trasporti).
Unitamente all’aumento dei costi le imprese lamentano la difficoltà di programmare i piani di approvvigionamento dei cantieri, complice la volatilità dei prezzi che impedisce alle aziende produttrici di garantire forniture nei tempi utili per la realizzazione dei lavori.
In sintesi, sul mercato l’offerta di nuove costruzioni scarseggia.
La nuova superficie autorizzata nel 2021 per le nuove costruzioni non residenziali è inferiore del 39% rispetto al 2011 e quella delle abitazioni del 43%.
Nel primo semestre 2021 la quota di acquisti di immobili nuovi è stata pari all’8,3% del totale, salita al 9,2% nel primo semestre del 2022.
Si è passati cioè dalle 29.700 compravendite di abitazioni nuove nel primo semestre del 2021, a 37.400 unità nello stesso periodo dell’anno in corso.
In merito alla qualità del parco edilizio italiano esistente, in gran parte si tratta di immobili obsoleti sotto il profilo qualitativo ed energetico.
Il 62% circa del patrimonio abitativo e il 37,8% di quello destinato ad altri usi, infatti, ricade tra le classi energetiche più basse (classi F o G) secondo le indagini condotte da Nomisma.
Negli ultimi anni c’è stato però un generalizzato miglioramento della prestazione energetica a seguito delle agevolazioni fiscali come il Superbonus 110%, per le quali è richiesto un miglioramento delle prestazioni di almeno 2 classi energetiche.
Ciò nonostante la preferenza espressa dalla domanda non sempre trova riscontro nell’offerta presente sul mercato e fatica ancora di più a trovare soggetti disposti a riconoscere il valore incrementale dell’immobile certificato ad alta prestazione energetica.
Gli agenti immobiliari intervistati da Nomisma hanno percepito un calo dell’offerta di abitazioni in vendita e, al contempo, una crescita degli uffici immessi sul mercato.
In Italia, alcuni dati di natura strutturale evidenziano come il mercato delle compravendite di immobili residenziali veda come protagonisti le persone fisiche, con transazioni che si aggirano al 96% sul totale degli acquisti, di cui il 50-60% sostenuto dal ricorso al mutuo, con importi che si aggirano in media tra i 130.000-140.000 euro.
Riguardo all’utilizzo dell’abitazione acquistata, il 70-80% è destinato a uso primario (prima casa o sostituzione dell’abitazione di proprietà); tuttavia nel 2021 tale percentuale è calata al 66% circa, compensata da un aumento degli acquisti destinati a seconde case per investimento
In prospettiva la domanda di investimento, tradizionalmente più liquida e meno dipendente da mutuo, potrebbe favorire una stabilizzazione e ritardare o rallentare le previsioni di calo.
La risposta dei valori immobiliari alle mutate condizioni di contesto ha visto una attenuazione della crescita, ma senza rischi di cali significativi, quantomeno nel breve periodo.
Dopo un 1° semestre caratterizzato da un’accelerazione della dinamica espansiva, nella seconda parte dell’anno la tendenza rialzista è stata decisamente meno intensa.
La variazione dei prezzi registrata nel 2° semestre dell’anno segna un deciso rallentamento della crescita nel segmento abitativo e un’inversione di tendenza per uffici e negozi dopo la timida crescita rilevata nel semestre precedente.
I valori medi delle abitazioni nelle maggiori città monitorate da Nomisma, nel 2° semestre del 2022, sono aumentati dello 0,5% a fronte di una flessione dello 0,6% per gli uffici e -0,1% per i negozi.
Diverso il trend dei canoni di locazione di abitazioni, che hanno confermato il tasso di crescita del 1° semestre (attorno all’1% in media), a fronte della stabilità registrata nel segmento locativo degli uffici e della lieve flessione in quello dei negozi.
Il +1,1% dei canoni di locazione delle abitazioni, preceduto da un +0,9% nella prima parte dell’anno, testimonia la pressione della componente di domanda che resta esclusa dal mercato dell’acquisto e di quella già robusta di chi cerca casa in affitto.
La qualità dell’abitazione rappresenta un elemento importante per chi intende andare a vivere in affitto, in un mercato in cui prevale la scarsa qualità degli immobili disponibili.
Fonte: Intesa Sanpaolo | Direzione Studi e Ricerche – 15 dicembre 2022