Mercato immobiliare: prezzi nel comparto residenziale cresciuti con maggiore intensità rispetto al 2021, comparto non residenziale con attenuazione del calo

BANCA-D'ITALIA-Rapporto-sulla-stabilità-finanziaria-2-2022

Nel Rapporto sulla stabilità finanziaria, recentemente pubblicato dalla Banca D’Italia, si rileva che nella prima metà dell’anno 2022 la crescita sui dodici mesi dei prezzi degli immobili residenziali è rimasta in media sostenuta nell’area dell’euro (sopra il 9%).
Le quotazioni hanno rallentato in Germania, accelerato lievemente in Italia e marcatamente in Spagna, continuando a crescere a tassi stabili in Francia.

Anche nel comparto commerciale vi è stato in media un incremento delle quotazioni nell’area (dell’1,7%), sostenute dall’aumento in Germania a fronte di un lieve calo in Francia e in Italia.

Nello stesso periodo in Italia le compravendite nel mercato residenziale hanno accelerato.
I prezzi delle abitazioni sono cresciuti con maggiore intensità rispetto a quanto osservato nella seconda metà del 2021, ma meno dei prezzi al consumo.
Elaborazioni basate sugli annunci pubblicati sulla piattaforma digitale Immobiliare.it, mostrano che la domanda di abitazioni è rimasta su livelli relativamente elevati anche nei mesi estivi.

Gli agenti immobiliari, intervistati lo scorso ottobre nell’ambito delle inchieste congiunturali, prospettano tuttavia un deterioramento delle condizioni del mercato, ritenendo che l’andamento dell’inflazione al consumo inciderà negativamente sulla domanda di abitazioni.
Secondo alcune stime, i prezzi nominali delle case continuerebbero a salire a un ritmo più sostenuto fino alla fine del 2022, per poi rallentare.

Considerando le tendenze di lungo periodo, gli indicatori che consentono di valutare le dinamiche del mercato residenziale continuano a non evidenziare rischi di sopravvalutazione.
Tuttavia, sebbene l’andamento delle quotazioni nelle principali città e macroaree sia risultato sostanzialmente in linea con il dato nazionale, i prezzi della città di Milano hanno registrato una notevole crescita già dal 2015.

Nel comparto non residenziale le compravendite sono rimaste stabili.
Nella prima metà del 2022 si è attenuato il calo dei prezzi (-0,9%, da -2,0), a causa di una riduzione più contenuta delle quotazioni di negozi e capannoni e di un lieve aumento di quelle degli uffici.


L’ESPOSIZIONE DELLE FAMIGLIE AL RISCHIO DI TASSO NEI MUTUI ABITATIVI:
L’esposizione al rischio di un aumento dell’onere del servizio del debito sui prestiti per l’acquisto di abitazioni è contenuta.
A settembre del 2022 la quota dei mutui a tasso variabile (solitamente parametrizzati a un tasso di mercato come l’Euribor) non raggiungeva il 40% del complesso di quelli in essere, un livello basso in prospettiva storica.
Prima della crisi finanziaria del 2008 la quota oscillava intorno all’80%, mentre si è poi ridotta gradualmente dalla seconda metà del 2015.

A partire da quell’anno, anche in seguito alle politiche monetarie divenute più accomodanti, il divario tra i tassi fissi e quelli variabili applicati ai nuovi mutui si è progressivamente attenuato, fino a raggiungere un
livello analogo a quello dell’area dell’euro.
Questa dinamica ha riflesso la maggiore riduzione del costo dei finanziamenti a tasso fisso che, unitamente al beneficio derivante dalla protezione dal rischio di futuri rialzi dei rendimenti di mercato, ha portato le famiglie a preferire questa tipologia di mutui.

Dalla primavera dell’anno in corso il differenziale tra i tassi fissi e quelli variabili è tornato ad ampliarsi, raggiungendo quasi 90 punti base nella media del terzo trimestre.
Nello stesso periodo meno della metà dei nuovi mutui è stato erogato a tasso fisso (a fronte dell’80% nel
primo trimestre).

Un analogo andamento non si rileva invece negli altri principali paesi dell’area, dove le nuove erogazioni a tasso variabile sono rimaste contenute, su livelli simili a quelli osservati nel complesso del 2021.
Il rischio di futuri rialzi dell’onere del servizio del debito è tuttavia mitigato dall’ampio ricorso a un cap sul tasso di interesse, presente nel 40% circa dei nuovi mutui a tasso variabile erogati nel trimestre terminante a settembre del 2022.

L’ampliamento del divario tra i tassi è in parte riconducibile all’esigenza degli intermediari di compensare l’incremento, attuale e prospettico, del costo delle passività bancarie.
La velocità con cui la ricomposizione delle nuove erogazioni si è realizzata riflette anche fattori di domanda.

Alcuni studi mostrano infatti che la scelta delle famiglie italiane è legata principalmente al livello iniziale dei pagamenti.
Ciò può spiegare la preferenza per un mutuo a tasso variabile qualora la rata iniziale dovuta sia inferiore a quella del mutuo a tasso fisso.

Secondo una stima basata sui dati della Centrale dei rischi, un aumento di 2 punti percentuali del costo dei mutui a tasso variabile in essere ad agosto del 2022 determinerebbe una crescita del 17% della rata mensile mediana. L’incremento sarebbe simile per le rate di piccolo importo, che verosimilmente sono in capo ai nuclei con redditi più bassi.

La mediana dell’incidenza del servizio del debito sul reddito disponibile salirebbe di circa 2 punti percentuali (oltre 4 per le famiglie meno abbienti).


Fonte: bancaditalia.it | Rapporto sulla stabilità finanziaria n. 2 – 2022 – 25 novembre 2022