L’accesso al credito in Europa rimane abbordabile. Anche nell’ultima riunione di dicembre, la Bce ha mantenuto i tassi al minimo (tra lo 0 e lo 0,25% quello di rifinanziamento, -0,50% quello su operazioni marginali e sui depositi).
E in diversi Paesi, con l’Italia in prima fila, ci sono iniziative pubbliche che favoriscono l’accesso ai finanziamenti per particolari categorie.
Gli stimoli all’economia, però, creano dei cortocircuiti se troppo prolungati. E adesso che questo regime favorevole si mescola con i primi dati sul ritorno dell’inflazione (+5% a dicembre nell’Ue), in molti iniziano a chiedere un freno. L’allarme arriva soprattutto da alcuni Paesi, che si trovano di fronte a un ciclo di prezzi immobiliari molto diverso dal nostro.
Il panorama italiano:
In Italia, nell’ultimo decennio, i valori immobiliari si sono sgonfiati quasi del 30% e solo nell’ultimo biennio sono tornati a muoversi al rialzo. Questo perché, sul nostro mercato, tra 2006 e 2008 avevamo raggiunto picchi da “bolla immobiliare”, poi ridimensionati dopo la crisi finanziaria scoppiata negli stessi anni.
In poche parole, chi oggi compra casa si trova di fronte grosso modo i prezzi di dieci anni fa, salvo alcune zone dei grandi capoluoghi dove i prezzi si sono impennati maggiormente (per esempio Milano).
Poi sono arrivati anche gli stimoli pubblici, come il Fondo Prima Casa che agevola l’acquisto di abitazioni da parte dei giovani. Una misura che ha avuto successo. Lo dimostra, per esempio, l’ultimo aggiornamento del Barometro Crif, secondo cui gli under 35, nel 2021, sono arrivati a coprire il 30,5% del totale delle richieste di mutuo, ben 5 punti in più rispetto ai dati pre pandemia (il 2018).
Sul nostro mercato il mix tra tassi Bce e aiuti pubblici è ancora “benedetto” dal settore, come stimolo essenziale per trainare le compravendite.
Valori alle stelle in Germania: Altrove, però, lo scenario è opposto, come dimostrano i grafici di Eurostat. I valori si sono messi a correre in Olanda, in Portogallo, in Irlanda, ma soprattutto in Germania, la più grande economia europea. I tedeschi non avevano mai vissuto la bolla immobiliare 2008. Nel decennio scorso, però, hanno visto crescere il prezzo delle abitazioni quasi del 40%, con un rialzo dell’11,5% concentrato nel biennio 2019-2020, proseguito anche nel 2021 a un ritmo almeno del 10%.
Perché questo surriscaldamento? Storicamente, la percentuale dei proprietari di casa, rispetto a chi abita in affitto, si è mantenuta bassa, intorno al 50%, lontana anni luce da Paesi come Spagna o Italia, dove si supera il 70%.
L’appetibilità dei mutui, però, ha spinto molte famiglie all’acquisto. La pandemia, inoltre, ha portato un clima di incertezza. E tanti risparmiatori (questo è avvenuto ovunque, non solo in Germania) hanno tolto liquidità dagli investimenti finanziari, per dirottarla sul mattone.
Il moltiplicarsi delle compravendite, però, ha continuato a spingere in alto i prezzi. Inoltre, le case nuove costano sempre di più perché lievitano i costi di costruzione e delle materie prime. Così, ora, si avverte il rischio che una fascia di popolazione sempre più ampia, a medio-basso reddito, resti tagliata fuori dal mercato.
I primi tentativi di raffreddare il mercato: Già a novembre la Bce aveva rimarcato una generica “vulnerabilità” del settore residenziale in numerosi Paesi. Adesso si muovono i singoli Stati.
A Berlino, la Bundesbank e la BaFin (..sorta di Consob tedesca) hanno chiesto alle banche maggior rigore nella concessione dei mutui e imposto agli istituti di incrementare le riserve di capitale, nel tentativo si raffreddare il mercato del credito.
Anche la Banca centrale irlandese, a fine anno, aveva annunciato che avrebbe vigilato sui rischi di una sovra esposizione delle famiglie al debito ipotecario, in un Paese in cui le abitazioni sono balzate del +10% nel solo 2021.
Tremano anche in Spagna. L’istituto centrale di statistica INE ha appena registrato uno strepitoso +24%, nel numero di case vendute tra Novembre 2021 e lo stesso mese del 2020. Ma a Madrid, esattamente dieci anni, la gente era scesa in strada per protestare contro la crisi economica, in buona parte da imputare alla bolla immobiliare devastante che aveva colpito molte zone del Paese.
Il caso Regno Unito: Naturalmente non poteva mancare la Gran Bretagna, ormai fuori dall’Ue e non soggetta alla Bce, ma dove le dinamiche sono state pressoché le stesse. Secondo l’ultimo report della banca Halifax, uno degli indicatori più utilizzati, nel Paese i prezzi sono saliti quasi del 10% nel corso dello scorso anno.
Ma lo stesso istituto segnala che la Banca d’Inghilterra, nel corso del 2022, dovrebbe procedere con una stretta sui tassi d’interesse, proprio nel tentativo di evitare shock finanziari e di porre un freno al mercato. Quindi nel biennio 2022-2023, i prezzi rimarranno stabili o con una crescita molto contenuta.
Fonte: immobiliare.it – 25 gennaio 2022