OMI: il Rapporto Immobiliare non residenziale 2021 (Uffici 9.463 compravendite | NTN -10,3%, tendenziale -1,5%)

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Nel Rapporto Immobiliare 2021, dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate (OMI), si rileva come, dopo una fase di espansione del mercato immobiliare in generale, e dei vari settori del mercato non residenziale in particolare, che durava ininterrottamente dal 2014, il 2020 abbia segnato – come facilmente prevedibile – un’improvvisa cesura.

Andamento procurato soprattutto dalle conseguenze delle misure poste in atto dal governo, in relazione all’emergenza sanitaria che ha contrassegnato l’anno trascorso.

Nel Rapporto si analizzano anche i dati del mercato degli immobili non residenziali relativi al comparto “Terziario – Commerciale” (TCO) e al settore produttivo (PRO), approfondendo, in particolare, le dinamiche delle compravendite delle unità immobiliari uffici (A/10), delle unità immobiliari negozi (C/1) e laboratori (C/3) e delle unità opifici e industrie (D/1 e D/7).

L’analisi conferma quanto generalizzato e consistente sia stato il calo dei volumi compravenduti, con unica eccezione i Depositi pertinenziali, che tuttavia rappresentano solo il 7,3% del totale delle unità compravendute. Precisando che – in particolare – i settori terziario-commerciale, produttivo e agricolo, rappresentano, in termini di volumi di scambio, poco meno del 10% del mercato complessivo (quasi il 15% in termini di stock).

Le tipologie immobiliari oggetto di particolare approfondimento sono quelle tradizionalmente collegate ai settori terziario (uffici A/10), commerciale (negozi C/1 e laboratori C/3) e produttivo (capannoni D/1 e industrie D/7).

In termini di stock immobiliare, fra i tre segmenti che saranno oggetto di approfondimento, i negozi rappresentano la tipologia edilizia con il numero di unità più elevato (poco più di 2,5 milioni di unità), che rappresenta oltre un quarto dello stock non residenziale. Analogamente, per le compravendite i negozi restano il segmento con il più elevato volume di scambio, quasi 27.000 NTN nel 2020, pari a quasi il 25% del totale degli immobili non residenziali scambiati.

Con riferimento all’IMI, cioè alla quota di stock compravenduta, delle tre principali aggregazioni sono invece gli uffici a presentare l’indice più alto (1,49%). Per quanto riguarda i valori, nazionali e per area territoriale, delle variazioni percentuali dei volumi delle compravendite, espressi in termini di NTN, registrate nel 2020 rispetto all’anno precedente, si evidenzia come tutte le macroaree territoriali esprimano tassi negativi, per lo più a doppia cifra, e come in termini aggregati nazionali tutti e tre i segmenti abbiano fatto registrare una compressione dei volumi compravenduti superiore al 10%.

In relazione all’andamento nazionale e dei soli capoluoghi del mercato delle tipologie non residenziali, in termini di volumi di compravendita, a partire dal 2004, si rileva che l’andamento del numero indice NTN nazionale, con base 100 all’anno 2004, evidenzia come la flessione dei volumi di compravendita sia cominciata nel 2006, con un calo particolarmente accentuato negli anni 2008 e 2009. Dopo il biennio 2010-2011, con le compravendite che contengono le perdite o addirittura accennano una piccola ripresa (produttivo), gli scambi sono nuovamente in ripido calo nel 2012, un andamento che si conferma, anche se con minore intensità, anche nel 2013. Nel 2014 e nel 2015 le flessioni si attenuano, mostrando i primi segnali di un’inversione di tendenza che si è poi concretizzata negli anni successivi con una ripresa, a tratti indebolita e con qualche eccezione (gli uffici in calo nel 2018), fino all’improvvisa inversione di tendenza del 2020.


IL MERCATO DEGLI UFFICI | Lo stock immobiliare: Nel 2020 risultano censite negli archivi catastali poco meno di 635.000 unità immobiliari della tipologia uffici, corrispondenti alla categoria catastale A/10 (uffici e studi privati).

È necessario specificare che la categoria catastale A/10 non include l’effettivo stock immobiliare nazionale realmente destinato a tale uso, in quanto non solo è frequente l’utilizzo ad ufficio dell’unità immobiliare residenziale senza che ciò comporti una conseguente variazione di categoria catastale, ma per alcuni comuni minori non è stata nemmeno definita la categoria A/10 (e relativa tariffa d’estimo) e le unità ad uso ufficio vengono censite nella categoria A/2 (abitazioni civili). Il che rende evidentemente impossibile una loro identificazione distinta dalla banca dati del Catasto.

Premesso ciò, il Nord presenta più della metà delle unità censite come uffici (oltre il 53% del totale nazionale), poco più del 20% è localizzato nell’area Centro, poco più del 25% al Sud e nelle Isole. Scendendo alla scala regionale, il dato nettamente più rilevante si riscontra in Lombardia (21,4%), seguita da Emilia-Romagna e Veneto, che, sommate, contano il 21,2% del totale (ovvero meno della sola Lombardia).

Al di fuori dell’area settentrionale, i dati più significativi si osservano nel Lazio (8%) e in Toscana (7,9%) in Centro, mentre al Sud spiccano Campania e Puglia (rispettivamente 6,2% e 5,5%) e nelle Isole la Sardegna (5,6%). La somma dello stock distribuito nei comuni non capoluogo risulta poi, a livello nazionale, leggermente superiore (54,5%) al numero di unità immobiliari A/10 concentrate nei capoluoghi (45,5%); fa eccezione il Centro, dove i rapporti si ribaltano: il 52,7% dello stock è ubicato nei capoluoghi.

I volumi di compravendita: In termini di volumi compravenduti, il comparto uffici presenta andamenti abbastanza altalenanti almeno dal 2012. In particolare, dopo il segno negativo del 2018, e la ripresa del 2019, il 2020 segna inevitabilmente un nuovo calo, consistente e generalizzato, dei volumi scambiati, per via delle note ragioni di contesto.

Il calo, nell’aggregato nazionale, è stato del 10,3%. A parte le Isole (-19,8%), che rappresentano meno del 6% del mercato nazionale, la macroarea più colpita è stato il Nord Est (-13,9%), mentre il Centro è stato l‘ambito territoriale che ha assorbito meglio lo shock (-3,8%). Il Nord Ovest, pur con volumi in calo del 9%, resta il mercato più dinamico (oltre un terzo del mercato nazionale).

A livello di singole regioni, vanno segnalate tre eccezioni che presentano un tasso positivo: l’Umbria (+13,3%), il Lazio (+8,3%, con un numero di compravendite che si avvicina al 10% del totale nazionale) e la Puglia (+7,5%).

Le dinamiche in termini di intensità del mercato, parametro misurato dall’IMI, rispecchiano quanto descritto a proposito dei volumi scambiati; il suo valore assoluto, nella disaggregazione regionale, consente di “pesare” i singoli mercati, con risultati talvolta non scontati. Il Friuli-Venezia Giulia, che vale solo l’1,9% del mercato nazionale (in termini di NTN), presenta un IMI pari all’1,75%, dietro solo a Lombardia (con IMI pari all’1,94%) e Lazio (IMI pari all’1,80%).

Il confronto tra capoluoghi e comuni non capoluogo, sia in termini di volumi sia di intensità, mostra tassi aggregati abbastanza simili; da segnalare l’unico tasso positivo nei capoluoghi del Centro (+4,6%).

L’analisi dell’andamento del numero indice del NTN degli uffici dal 2004, per aree geografiche a livello nazionale e per i comuni capoluogo, evidenzia per tutte le macro aree e con sporadiche eccezioni di rialzi, che non hanno comunque interessato le aree più dinamiche del Paese (Nord Est e Nord Ovest), un forte calo delle compravendite tra il 2007 e il 2012, seguito da una fase sostanzialmente stabile, che sembrava poter tendere al rialzo nel 2019, prima degli eventi del 2020.

Considerazioni analoghe possono essere fatte per l’indicatore dell’intensità del mercato, IMI. La distribuzione per comune del NTN 2020, evidenzia la maggior diffusione di compravendite nei comuni del Centro-Nord, mentre nel Sud sono molto più sporadiche le compravendite di uffici. Risulta inoltre che, nel 2020, sono state realizzate compravendite di uffici in 1.600 comuni sull’intero territorio nazionale.

Le quotazioni: A livello nazionale, la quotazione media annuale di riferimento, per unità di superficie, per la tipologia uffici, risulta nel 2020 pari a 1.335 €/m2, proseguendo ed accentuando la dinamica di diminuzione già in atto (-0,7% nel 2019 sul 2018). La macroarea Nord Ovest è l’unica sostanzialmente stabile rispetto all’anno precedente (-0,1%), con due regioni che addirittura hanno registrato una crescita della quotazione media (Lombardia e Valle d’Aosta, rispettivamente +0,5% e +0,4%); il calo medio più consistente si è avuto al Sud (-3,7%).

In termini assoluti, la Liguria resta la regione con la quotazione media più elevata (1.981 €/m2), seguita dal Lazio (1.845 €/m2); sono diventate sei, invece, le regioni che presentano una quotazione media inferiore a 1.000 €/m2 (il Friuli-Venezia Giulia nel Nord Est; Abruzzo, Basilicata, Calabria e Molise al Sud; la Sicilia nelle Isole). L’aggregazione per aree vede il dato più alto sempre nel Centro (1.515 €/m2), mentre i valori più bassi si registrano al Sud (1.060 €/m2, con la Campania unica vera eccezione con una quotazione pari a 1.332 €/m2) e nelle Isole (1.039 €/m2).

Considerando i soli comuni capoluogo di provincia, nel 2020 la quotazione media di riferimento nazionale per la tipologia uffici si attesta a 1.796 €/m2, con un calo dell’1,9% rispetto alla rilevazione dell’anno precedente. La disaggregazione regionale suggerisce osservazioni analoghe a quelle già sviluppate per i dati di carattere generale, con tassi tutti negativi, con le analoghe eccezioni della Lombardia (+0,7%) e della Valle d’Aosta (+1,9%).


IL MERCATO DEI NEGOZI | Lo stock immobiliare: Lo stock delle unità immobiliari censite in Catasto nelle categorie C/1 e C/3, che comprende gli immobili a destinazione negozi e laboratori, conta nel 2020 oltre 2,5 milioni di unità sul territorio nazionale, in leggero calo rispetto al 2019. La distribuzione territoriale mostra come oltre un quarto del totale delle unità immobiliari sia concentrato al Sud (27%), seguito dal Nord Ovest (24,2%) e dal Centro (21,9%).

La disaggregazione regionale vede emergere anche in questo caso la Lombardia (con oltre 360.000 unità), seguita dalla Campania (oltre 280.000 unità). Nelle altre aree emergono il Lazio (245.000 unità) nel Centro, la Sicilia (210.000 unità) tra le Isole e il Veneto nel Nord Est (quasi 200.000 unità).

Dall’analisi della distribuzione dello stock per capoluoghi e comuni non capoluogo, si nota che lo stock immobiliare dei negozi si concentra per meno di un terzo nelle città capoluogo e per più di due terzi nei comuni minori; la concentrazione nei capoluoghi risulta in realtà maggiore al Centro (oltre 40%), mentre è sensibilmente al di sotto della media nel meridione (22,1%).

I volumi di compravendita: In termini di volumi compravenduti, il 2020 segna la fine della fase espansiva, che durava dal 2014 e che aveva fatto tornare il segmento di mercato almeno ai valori del 2009-2010. Il tasso aggregato nazionale, -14,5%, è il più basso tra quelli registrati dai tre principali segmenti del settore non residenziale.

La disaggregazione in macroaree territoriali mostra una certa omogeneità nella distribuzione della tendenza, con tassi compresi tra il -16,7% del Nord Ovest e il -11,3% del Sud. Alla scala regionale in un solo caso (le Marche) si è avuta una leggera espansione dei volumi di compravendita (+0,6%), mentre tutte le altre realtà regionali hanno fatto registrare significative compressioni (dal -6,5% dell’Abruzzo al -23,8% della Basilicata).

In termini assoluti, in Lombardia continua a concentrarsi circa un quinto (20,8%) del totale nazionale delle compravendite, quasi il doppio del Lazio (10,7%), che permane la seconda regione per volumi di scambio.

Anche per quanto riguarda l’IMI (ovvero la quota di stock di immobili a destinazione negozi e laboratori compravenduti) la Lombardia segna il dato più rilevante (1,48%), trainando la relativa area, il Nord Ovest, a un IMI pari a 1,34%. In generale i dati fotografano un dinamismo crescente dal Sud (IMI 0,90%) al Nord, con le Isole che presentano un IMI (0,82%) leggermente superiore solo al Sud (0,80%).

La disaggregazione tra capoluoghi e comuni minori, definita per aree, mostra una sostanziale omogeneità della tendenza di segno negativo in termini aggregati (-16,6% e -13,1%, rispettivamente); a livello di macroaree, il Nord Ovest è l’unico caso in cui i comuni minori hanno subito una compressione dei volumi compravenduti leggermente superiore (-17,2%, contro -16%).

In termini di IMI, invece, permane in ogni area del Paese una significativa prevalenza dei comuni capoluogo, con una media nazionale di 1,41% (in calo di 0,27 rispetto al 2019) rispetto allo 0,92% dei comuni minori (in calo di 0,14 rispetto al 2019). La serie storica dal 2004 al 2020 conferma un andamento sostanzialmente analogo in tutti gli ambiti analizzati: a un primo forte calo di volumi di mercato dal 2006 al 2009, accentuatosi soprattutto negli ultimi due anni, è seguita una stabilizzazione nel biennio 2010-2011. Nel 2012 si è avuto un nuovo crollo, particolarmente evidente e generalizzato, che ha avuto una coda, seppur non dirompente, nel 2013. Dal 2014 i rialzi sono diffusi e persistono con poche eccezioni, fino all’improvvisa inversione di tendenza imposta nel 2020.

Una dinamica analoga ha interessato l’IMI, che in ogni caso, nonostante la ripresa avuta negli ultimi anni fino al 2019, è rimasto molto lontano dai massimi registrati all’inizio della rilevazione (2004).

Le quotazioni: Sulla base delle quotazioni OMI medie comunali rilevate nel I e II semestre del 2020, per la tipologia edilizia negozi è stata calcolata una quotazione media, pesata con il relativo stock comunale, per regione e per area territoriale. La quotazione media di riferimento, per unità di superficie, per la tipologia negozi a livello nazionale è pari a 1.482 €/m2, in ulteriore calo (-2,7%) rispetto al 2019.

In relazione alle quotazioni medie, le rispettive variazioni e l’indice territoriale per aree geografiche e per regioni, evidenziano come tutti i tassi risultino negativi, senza alcuna eccezione. Tra le macroaree, il valore assoluto più alto è quello del Centro (1.662 €/m2), in calo del 2,9%; da sottolineare notevole divario territoriale tra le quotazioni medie delle macroaree centro-settentrionali, prossimi o superiori a 1.600 €/m2), e le macroaree Sud e Isole, entrambe con quotazioni medie inferiori ai 1.300 €/m2.

A livello regionale, il Lazio, pur conservando la quotazione media più alta, scende al di sotto di quota 2.000 €/m2 (1.953 €/m2 per l’esattezza), mentre Basilicata e Calabria sono le due regioni che mantengono il proprio dato medio al di sotto dei 1.000 €/m2.

Sulla base della quotazione media di riferimento nazionale per la tipologia negozi, come visto pari a 1.482 €/m2, è stato calcolato l’indice territoriale delle quotazioni, per area e per regione. Esso evidenzia di quanto il livello delle quotazioni medie per la tipologia si discosti, nelle diverse aggregazioni territoriali, dalla quotazione media nazionale. Ne risulta la fotografia di un’Italia territorialmente definita, come accennato in precedenza: il Centro, con un indice territoriale di 112,1, supera in modo significativo il dato medio nazionale, il Nord (sia a Est, 106,5, sia a Ovest, 108) poco al di sopra, mentre Sud e Isole sono ampiamente al di sotto con un indice rispettivamente pari a 86,3 e 83.

Riguardo i valori dell’indice territoriale, per area e per regione, calcolati rispetto al dato medio nazionale, emerge l’elevata dispersione dei valori medi, anche all’interno di una stessa area territoriale. Le regioni del Sud presentano comunque, anche in termini disaggregati, valori decisamente inferiori al dato nazionale (valore indice pari a 61,4 per la Basilicata e 62,8 per la Calabria), con l’eccezione della Campania, che permane l’unica regione meridionale a presentare un valore dell’indice superiore a 100 (105,6).

Nel Centro continua a spiccare inevitabilmente il dato del Lazio (131,7), il più alto in assoluto a livello nazionale; al Nord, infine, emerge il dato della Liguria (127,6), mentre solo Friuli Venezia Giulia e Piemonte presentano un indice inferiore a 100 (rispettivamente 81,1 e 74,2).

Esaminando le quotazioni dei negozi nei soli capoluoghi di provincia, risulta che la quotazione media di riferimento, per unità di superficie, a livello nazionale è pari a 2.007 €/m2, in calo rispetto alla quotazione media 2019 del 3,3%. Tutte le aggregazioni territoriali (regioni e aree) presentano, anche in questo caso, il segno meno, con tassi più contenuti al Nord (in particolare, -2% il Nord Ovest e -1,4% il Nord Est).

In termini assoluti, anche per i soli capoluoghi, la regione con la quotazione media più elevata è la Lombardia (2.889 €/m2); seguono il Veneto, con 2.553 €/m2, e la Campania, con 2.403 €/m2 (che presenta una forte flessione, -8,3%).


IL MERCATO DEL SETTORE PRODUTTIVO | Lo stock immobiliare: Nelle categorie D/1 e D/7, riconducibili in larga parte al settore produttivo, risultano censite negli archivi catastali, al 2020, quasi 800.000 unità, di cui quasi il 60% ubicate nell’area del Nord (rispettivamente il 31,8% nel Nord Ovest e il 25,9% nel Nord Est); la parte restante risulta per lo più equamente distribuita tra Centro (17,8%) e Sud (17,4%), mentre risulta assai limitata, solo il 7,1% del totale, la presenza di questa tipologia di immobili nelle Isole.

La maggior presenza relativa di immobili produttivi si rileva in Lombardia col 19,7%; seguono, con valori sensibilmente inferiori, il Veneto, l’Emilia Romagna ed il Piemonte rispettivamente con il 12,1%, l’11,7% ed il 9,8% dello stock nazionale. Tra le regioni del Centro la maggior quota di immobili produttivi è in Toscana, 6,7%, mentre nel Lazio la quota è pari al 5%; tra le regioni del Sud, la Puglia e la Campania risultano quelle con il maggior peso sullo stock nazionale (rispettivamente il 5,5% ed il 5%).

Contrariamente a quanto riscontrato per la tipologia uffici, lo stock immobiliare produttivo presenta una concentrazione marcata, come è prevedibile, nei comuni non capoluogo. L’analisi della ripartizione dello stock produttivo tra comuni capoluogo e restanti comuni, evidenzia infatti che circa l’84% delle unità produttive si concentra nei comuni minori; questa distribuzione caratterizza, con una certa omogeneità, tutte le aree territoriali, passando dall’88,1% del Nord Ovest al 77,1% del Centro.

I volumi di compravendita: In una dinamica di mercato già in fase di rallentamento da un paio di anni, il 2020 segna anche nel segmento produttivo un sensibile calo del volume delle compravendite (-12,9% il tasso nazionale aggregato). Tutte le macroaree segnano anche in questo caso un calo del NTN, abbastanza in linea con il dato nazionale nei territori più dinamici (Nord Ovest, quasi il 40% dell’intero mercato, -13,9%; il Nord Est, quasi il 30% del totale, -12,7%; il Centro -10,1%), con tassi più differenziati al Sud (-6,5%) e nelle Isole (-33%), che tuttavia rappresentano, nella somma, poco più del 15% del totale dei volumi scambiati.

Spostando l’analisi dei dati alla scala regionale, va rilevata la presenza, in questo caso, di ben quattro realtà in controtendenza: le Marche, in cui si concentra circa il 5% del mercato nazionale, hanno infatti registrato un incremento del 5,6% delle compravendite rispetto al 2019, così come tassi positivi si sono avuti in Umbria (+1,8%), in Calabria (+26,6%) e in Basilicata (+41,2%, da rapportare tuttavia a un mercato dal perimetro estremamente contenuto, pari a meno dell’1% del totale nazionale).

Rapportando le compravendite ai relativi stock, gli equilibri territoriali cambiano poco, con il Nord Ovest (IMI 1,59%) e la Lombardia (IMI 1,70%) le realtà più dinamiche rispettivamente tra le macroaree e tra le regioni. Segmentando l’analisi tra comuni capoluogo e non capoluogo, va segnalato che mentre in questi ultimi si registrano tassi negativi in tutte le macroaree territoriali, per un dato nazionale di -13,3%, nei capoluoghi si hanno addirittura due tassi aggregati positivi (+1,3% nel Nord Ovest e +2,8% al Sud) e un dato nazionale di -10,5%; in due macroaree (Nord Est e Centro), in controtendenza, sono stati i capoluoghi a registrare una maggiore compressione dei volumi di compravendita (rispettivamente -18,9% nel Nord Est, contro il –11,4% dei comuni minori, e -18,8% al Centro, contro il -7,2% dei comuni minori).

Disaggregando il settore per classi di rendita, la dinamica osservata appare abbastanza omogeneamente distribuita, con il tasso meno rilevante (-10,1%) registrato nella classe più bassa (quella con rendita inferiore a 100 €) e il tasso più rilevante (-15%) registrato nella classe con rendita compresa tra 5.000 e 10.000 €; alla scala nazionale, in ogni caso, oltre il 40% del totale delle compravendite continua a coinvolgere unità immobiliari con rendita compresa tra 500 e 5.000 €.

Esaminando la serie storica del NTN dal 2004 al 2020, risulta con evidenza il rallentamento che il mercato aveva subito già da un paio di anni, prima dell’inevitabile calo dell’ultima rilevazione. Infine, la serie storica dell’IMI rileva come siano distanti i livelli del 2004-2006, con il numero indice più che dimezzato in termini aggregati.

Le quotazioni: Sulla base delle quotazioni OMI medie comunali rilevate nel I e II semestre del 2020, per i capannoni tipici e industriali, che rappresentano una gran parte del settore produttivo, è stata calcolata una quotazione media, pesata con il relativo stock comunale, per regione e per area territoriale. La quotazione media annuale di riferimento per unità di superficie, per gli immobili del settore produttivo a livello nazionale, risulta nel 2020 pari a 469 €/m2, in calo di un ulteriore 1,6% rispetto al 2019, a conferma di una dinamica già chiaramente evidente ben prima degli eventi dell’ultimo anno; la flessione riguarda la totalità delle regioni con le sole eccezioni rappresentate dal Molise (+2,2%), dalla Valle d’Aosta (+0,4%) e dalla Sardegna (sostanzialmente stabile, +0,1%).

La quotazione media più alta resta quella della Liguria (732 €/m2), seguita da quelle di Valle d’Aosta (684 €/m2) e Lazio (631 €/m2); gran parte delle quotazioni più basse, ovvero inferiori a 400 €/m2, si concentra invece nelle regioni meridionali (unica eccezione della sola Campania). A livello di macroaree, i tassi, tutti negativi, non presentano differenze particolarmente rilevanti, oscillando tra il -2,5% del Sud e il -0,8% delle Isole; la quotazione media più elevata resta quella del Centro, con 519 €/m2.

Sulla base della quotazione media di riferimento nazionale per i capannoni è stato calcolato altresì l’indice territoriale, per area e per regione, i cui valori sono riportati nell’ultima colonna della suddetta tabella; l’indice rappresenta il rapporto tra la quotazione dell’area o regione in oggetto e la quotazione media nazionale. Risulta evidente al Sud una concentrazione di regioni con quotazioni medie inferiori al dato nazionale (uniche eccezioni, come già accennato, la Campania e la Sardegna), mentre il quadro si presenta piuttosto disomogeneo nelle altre aree, con i valori positivi più significativi concentrati nel Centro (Lazio e Toscana) e nel Nord Ovest (Liguria, Lombardia e Valle d’Aosta) e la quotazione media più bassa in assoluto nel Nord Est con il Friuli Venezia Giulia (296 €/m2).

L’andamento nelle principali province: Per gli immobili produttivi, in conclusione, si presenta un quadro di sintesi del mercato relativo alle dodici province nelle quali è ubicata la maggior quota dello stock di questo settore. In termini assoluti Milano risulta la provincia con il numero più alto di unità immobiliari a destinazione produttiva compravendute, 789, per quanto in calo di oltre il 20% rispetto all’anno precedente; seguono le province di Torino (NTN 617, unico dato in crescita rispetto al 2019, +5,5%), Brescia (NTN 467, -12,8%) e Bergamo (NTN 375, -31,2%, che non sorprende essere il tasso più alto tra quelli rilevati).

La provincia di Milano è la più dinamica in termini di IMI insieme a Modena (entrambe 1,9%), ma dinamiche simili si osservano anche a Torino (1,8%), Brescia e Bergamo (entrambe 1,8%). Per quanto riguarda, infine, le variazioni sulle quotazioni, risultano stazionari i dati di Padova e Treviso, in leggero calo quelli di Bari e Brescia, in calo più consistente gli altri: le quotazioni medie più alte restano quelle di Roma (764 €/m2) e di Milano (656 €/m2), seguita da Bologna (555 €/m2), Brescia (550 €/m2) e Bergamo (541 €/m2).


ANALISI E CONFRONTO DEGLI INDICI TERRITORIALI: In questa sezione è proposta un’analisi di confronto per aree e per regione degli indici territoriali delle quotazioni dei segmenti non residenziali precedentemente esposti. I dati confermano la dinamica discendente delle quotazioni: tutti i segmenti presentano un tasso negativo, compreso tra il -2,7% dei negozi ed il -1,5% degli Uffici; considerando i soli comuni capoluogo, il calo è compreso tra -3,3% (negozi) e –1,3% (produttivo).

Comparando gli indici territoriali delle quotazioni e l’IMI al 2020 calcolati per il mercato degli uffici, dei negozi e del settore produttivo nelle diverse aree, si rileva come le due aree che presentano i dati più rilevanti si confermano il Centro ed il Nord Ovest: la prima prevale per quotazioni medie, la seconda presenta invece il mercato più dinamico in termini relativi, ovvero rispetto allo stock. In termini aggregati permane, nel confronto tra i segmenti, la minore dinamicità dei Negozi (IMI 1,06%) rispetto agli altri due settori (uffici con IMI 1,49%, produttivo con IMI 1,34%).

Per uffici e negozi e per le città italiane più popolose, sia per il comparto degli uffici, sia per quello dei negozi, spicca il valore di Venezia, che mostra una quotazione più che doppia rispetto al valore medio dei capoluoghi (indice oltre 200), mentre la maggiore dinamicità si osserva, in entrambi i settori, a Milano, che presenta un IMI prossimo o superiore al 2,5%.

Stima del valore di scambio delle unità immobiliari non residenziali: Nel 2020 il valore di scambio stimato per i tre settori ammonta complessivamente a 12,4 miliardi di euro, oltre il 20% in meno rispetto al 2019. Il calo più consistente ha riguardato il segmento produttivo (-27%), seguito da negozi (-19,1%) e uffici (-16,5%). La superficie totale compravenduta (stimata) ammonta a oltre 1,4 milioni di m2 per gli uffici (superficie media di circa 150,7 m2), a circa 3,9 milioni di m2 per i negozi (superficie media 121,9 m2 circa) e a quasi 10 milioni di m2 per il settore produttivo (superficie media 925 m2).

La quota del valore di scambio collegata agli uffici è stimata pari a circa 2,5 miliardi di euro (circa il 20% del totale) ed è significativamente inferiore a quella stimata per i negozi e gli immobili produttivi, pari rispettivamente a circa 5,2 miliardi di euro e a circa 4,5 miliardi di euro.

La maggior quota del ‘fatturato’ 2020, quasi il 40% del valore di scambio complessivo (4,8 miliardi di euro), è realizzato per gli immobili ubicati nelle regioni del Nord Ovest. Il quadro di sintesi relativo a compravendite e fatturato, con i tre dati analizzati (unità compravendute, superfici compravendute e fatturato), mostrano come il calo generalizzato, significativo ad ogni livello, abbia avuto un’incidenza relativa leggermente inferiore nel segmento degli uffici.

Complessivamente, dal 2008, è stato il settore produttivo a registrare le maggiori perdite di ‘fatturato’, con un valore di scambio, nel 2020, più che dimezzatosi (-60% circa); un calo appena più attenuato, intorno al 50%, ha interessato i negozi, mentre per gli uffici la flessione rispetto al 2008 si attesta intorno al 45%.


Fonte: RAPPORTO IMMOBILIARE 2021 | Immobili a destinazione terziaria, commerciale e produttiva – 27 maggio 2021