Rapporto sulla filiera dei servizi immobiliari in Europa e in Italia: mentre il mercato italiano perde il 15.2%, i servizi crescono del 4,5%

Mentre tutti i mercati immobiliari europei si preparano a chiudere l’anno con il segno negativo (-13,8%) il settore dei servizi immobiliari segna un incremento dell’1,3%.
Italia seconda, con una crescita stimata del 4,5% (Francia a +5,6%).

L’industria dei servizi immobiliari si presenta come un settore sempre più importante delle economie europee.
Scenari Immobiliari ha presentato oggi in un seminario diviso tra Roma e Milano il sesto “Rapporto sulla filiera dei servizi immobiliari in Europa e in Italia“, realizzato con la collaborazione delle principali società di servizi italiane.

Il fatturato 2019 delle attività dei servizi immobiliari nei cinque principali Paesi europei (Italia, Francia, Germania, Regno Unito e Spagna) è stimato in circa 374 miliardi di euro, in leggero calo (-1%) rispetto all’anno precedente.
La Germania, pur in flessione di circa sei punti percentuali, si conferma il mercato più performante con oltre 127 miliardi, vale dire il 34% del totale.

Italia e Francia sono le due nazioni che registrano un fatturato in crescita (rispettivamente +2,7% con 42 miliardi e +9,8% con 85 miliardi), mentre la Spagna registra il calo più consistente (-7,1%, con 29 miliardi).

In termini di volumi, dopo la Germania, è il Regno Unito a fatturare di più con 91 miliardi annui (in calo del 4,2% rispetto al 2018).

Il dato del fatturato medio per occupato vede Italia e Spagna in posizione arretrata, rispettivamente con 130.000 e 110.000 euro.
I mercati più produttivi si confermano quello tedesco, con oltre 243.000 euro per addetto, e quello francese, con 275.000 euro.

Questa sesta edizione del Rapporto sui servizi immobiliari – ha affermato Mario Breglia, Presidente di Scenari Immobiliari, aprendo i lavori – giunge nel mezzo della pandemia di Covid-19 che sta stravolgendo il mondo in tutti i suoi equilibri consolidati.
Il settore immobiliare non è esente dall’impatto del virus, anzi sta vedendo una accelerazione di molte dinamiche già avviate negli ultimi anni.
Di conseguenza anche le attività a servizio dell’immobiliare partecipano a questi cambiamenti, assumendo ancora maggiore rilevanza supportate dall’utilizzo delle tecnologie.

Il settore delle attività immobiliari nel nostro Paese risulta caratterizzato, più che altrove, dalla presenza di micro e piccole imprese e dalla quasi totale assenza di grandi imprese.
Questa situazione ha visto negli ultimi anni qualche prima trasformazione, soprattutto tra le principali società del settore, con alcuni importanti processi di aggregazione.

Questo processo sottolinea l’importanza delle dimensioni aziendali nell’affrontare i cambiamenti strutturali del mercato, insieme alla crescita del livello e della complessità dei servizi offerti, spinta anche dalla presenza di società e investitori internazionali.

Questa industria – ha aggiunto Breglia – si conferma in grande sviluppo sia di tipo quantitativo che qualitativo.
Grandi opportunità arrivano dalla riqualificazione urbana e dai processi locali di valorizzazione immobiliare”.

Dal punto di vista occupazionale il settore delle costruzioni è quello più rilevante, con quasi dodici milioni di occupati in Europa, di cui oltre otto milioni nei cinque Paesi analizzati, pari al 5,9% della forza lavoro complessiva.
Le imprese attive nel settore superano i 2 milioni, per una dimensione media di 4,1 addetti per impresa.

La Germania conta il numero più alto di occupati, 2,47 milioni, in 357.000 imprese, cosa che ne fa il Paese con la dimensione media delle imprese più elevata, pari a 6,9 occupati per società.
Francia e Regno Unito sono in posizione intermedia, sia in termini assoluti che in relazione al totale della forza lavoro, mentre Italia e Spagna hanno dimensioni più ridotte.

L’Italia in particolare conta 1,31 milioni di occupati in 493.000 imprese, con dimensioni medie delle aziende di 2,7 addetti.

Il settore dei servizi immobiliari ha un peso minore sul totale della forza lavoro, con una media dell’1,4%, corrispondente a 2 milioni di occupati.
A questi si somma un indotto stimato pari a 764.000 addetti indiretti.
In Italia questi superano le 300.000 unità, cui si somma un indotto stimato in 139.000 professionisti.

Il peso sulla forza lavoro complessiva è in linea quanto avviene in Europa, mentre molto bassa è la dimensione media delle imprese italiane pari a 1,3 addetti per società, contro una media europea di 2,2.

A livello dimensionale le principali eccezioni sono rappresentate dal Regno Unito e dalla Germania, dove la dimensione media è rispettivamente di 5,9 e 3,3, mentre in Francia, Spagna la frammentazione delle imprese è rilevante, con una media addetti compresa tra 1,3 e 1,5.

“Fino a nove mesi fa – ha dichiarato Francesca Zirnstein, direttore generale di Scenari Immobiliari – il mondo era diverso da oggi e il settore immobiliare si confrontava con tutt’altro genere di sfide e di problemi.
Il processo di digitalizzazione già in atto ha permesso alle aziende di essere innovative nell’affrontare l’emergenza e le nuove esigenze, non solo per la gestione dei beni fisici ma anche per il benessere degli utilizzatori.

Comprendere le esigenze dei clienti permette di creare servizi a valore aggiunto.
Chi detiene il dato detiene la conoscenza e chi la possiede, ne possiede il valore.
Infatti, raccogliere continuativamente le richieste, anche i semplici dubbi, le preoccupazioni dei clienti diretti, dei grandi proprietari e dell’articolata ed eterogenea comunità dei tenant, vuol dire poter rispondere in modo veloce, diretto e specifico alle loro necessità.

Da tempo i servizi immobiliari si occupano della centralità dei conduttori come fruitori finali dei servizi e la crisi ha consolidato questa relazione.
Ci aspetta un futuro in cui le attività di asset, property, agency, advisory, valuation e project management, per rispondere alle nuove esigenze dovranno eccellere in qualità e questo comporta un maggiore investimento in formazione”.


Fonte: scenari-immobiliari.it – 4 novembre 2020