SUPERBONUS 110%: famiglie attive in crescita, ma nuova cessione del credito è ostacolo per il 23% di quelle interessate

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“L’interesse al Superbonus sembra dare segnali di rallentamento.
Da un lato diminuiscono le famiglie interessate alla misura, che passano dai 9,4 milioni registrati a Novembre 2021 ai 7,5 milioni di Marzo 2022, a causa della sfiducia sulle possibilità di mercato e sulle modalità di proroga.
Dall’altro lato, in questo inizio d’anno, si evidenzia un calo nel ritmo di crescita degli interventi, legato alle incertezze e all’impatto delle recenti normative sulla cessione del credito”

ha affermato Marco Marcatili, Responsabile Sviluppo Nomisma, in occasione della nuova release del 110% Monitor, l’osservatorio Nomisma che monitora l’andamento degli interventi di riqualificazione energetica e sismica soggetti al superbonus.

Sulla frenata dei cantieri, fortemente rilevante risulta l’effetto delle nuove disposizioni legislative in merito alla catena della cessione del credito: oltre il 23% delle famiglie ha difatti risentito di questa scelta normativa.
Non vi è dubbio che le agevolazioni edilizie siano state un volano per la ripresa economica nelle fasi della pandemia, ma a sorreggere tutto il comparto dell’edilizia e il suo indotto è stata proprio la possibilità di optare per le cessioni del credito spettanti dall’agevolazione fiscale, consentendo ai contribuenti di scontare e cedere il credito fiscale anche con “trasferimenti a catena”.

Le limitazioni nella catena della cessione hanno quindi significato un ulteriore ostacolo per la platea di famiglie interessate, rappresentando l’interruzione o il blocco dell’iniziativa per oltre 2 milioni di esse e creando problematiche e intoppi, nella fase di attivazione dell’iniziativa, per 4 milioni.
A questi numeri si aggiunge inoltre una fascia «inconsapevole», pari al 18% dei rispondenti, che potrebbe ampliare la platea di famiglie che hanno riscontrato problematiche.

È ovviamente chiara la ratio con cui il legislatore ha immaginato la norma, ma è evidente che questa restrizione abbia generato un momento di stallo dell’intera filiera finanziaria e amministrativa e che necessiti di un adeguamento.

In merito agli effetti del Decreto Antifrodi, da un lato emerge un senso di diffidenza delle famiglie verso il mondo delle imprese di costruzioni, ad oggi considerate inaffidabili per 2 soggetti su 5 e propense alle frodi per 3 su 5.
Dall’altro, nella scelta dei soggetti attuatori, 2 famiglie su 3 scelgono le stesse imprese edili, testimoniando una platea potenziale sempre più confusa dai fatti e dai provvedimenti statali ed incerta sulle decisioni inerenti l’attuazione dell’iniziativa.

Ad accentuare questo stato, si confermano le difficoltà sia nella fase di selezione delle imprese sia nella fase operativa (1 famiglia su 3), in particolare per le speculazioni su prezzi di materie prime e manodopera.

“Cala dunque la platea di domanda potenziale, in particolare delle famiglie più indecise, le “attendiste” non ancora attive, che passa da 4,9 milioni a 2,5.”

afferma Marco Marcatili.

“Si consolida e cresce invece la richiesta da parte delle famiglie operative, già attive sul campo, con un salto, da 1,8 a 2,7 milioni.
Ciò significa che ad oggi il bacino di famiglie potenziali è più verosimile, solido e consapevole rispetto al passato, ma si configura sempre di più la necessità di una proroga della misura per allargare la platea di soggetti beneficiari”.

Emerge nuovamente il fenomeno di ampliamento delle disparità familiari come effetto della misura: le famiglie operative si dimostrano le più equipaggiate, come testimoniato dal reddito elevato (oltre i 3.000 euro al mese per il 16% delle famiglie operative) e dal possesso della seconda casa (21% delle famiglie operative).

Si conferma il rischio, già da tempo previsto, di regalare valore immobiliare a chi già lo possiede e di fornire opportunità solo a chi non ha preoccupazioni di carattere sociale ed economico.

In merito alle conseguenze delle modalità di proroga, si registra la maggioranza degli interessati tra i proprietari di abitazioni in grandi condomini, mentre diminuisce la componente degli edifici unifamiliari, sotto la probabile influenza esercitata dalla nuova scadenza a Dicembre 2022 per questa tipologia edilizia.

Al contrario, il calo della percentuale di incentivo non sembrerebbe determinante nella mancata intenzionalità di adesione, considerata la diffusa disponibilità da parte delle famiglie, pari al 56% dei rispondenti, ad effettuare i lavori di riqualificazione energetica ad un’aliquota inferiore di incentivo fiscale.


Fonte: nomisma.it – 7 marzo 2022