Nel primo trimestre del 2018, le emissioni di titoli derivati garantiti dai mutui ad alto rischio di categoria subprime, negli Stati Uniti, sono raddoppiate su base annuale, rievocando così il fenomeno alla base della grande crisi finanziaria di dieci anni fa.
Lo riferiva nel 2018 il Financial Times.
Le transazioni di subprime mortgage-backed securities (titoli obbligazionari rivenienti da operazioni di cartolarizzazione (securitization) di prestiti ipotecari) completate nei primi tre mesi del 2018, ammontavano a 1,3 miliardi di dollari contro i 666 milioni registrati nel primo trimestre 2017.
Scrive oggi Marco Valsania del Sole 24 Ore:
Il timore è che queste e altre sigle nascondano il riscatto di vecchie conoscenze, di mutui e prestiti considerati tra i più rischiosi.
Nati per una particolare classe di consumatori, con significativi patrimoni liquidi, il problema è che adesso vengono estesi anche a chiunque non abbia salari tradizionali né tesori da parte, dai lavoratori della gig-economy ai pensionati.
Sono uno dei segnali di nuovi, forse ancora piccoli, passi della finanza verso nuovi e controversi rischi nonostante le strette dei regulators – e nonostante le dimensioni della “bomba” subprime che fu scintilla di crisi e recessione nel 2008 restino lontane.
In gioco appaiono oggi decine di miliardi di dollari, rispetto ai 1.300 miliardi di allora, e il sistema è stato rafforzato da riforme. Ma i seri problemi di indebitamento delle famiglie Usa potrebbero creare difficoltà a istituti sovraesposti. E la storia insegna che raramente sono strumenti identici al centro di crisi successive». Il rischio, insomma, si insinua e lo fa nuovamente tra le stesse banche, non solo tra le finanziarie non tradizionali del cosiddetto vasto shadow banking.
Tornano nel business dei prestiti fragili: Goldman Sachs con il suo Marcus ha oggi concesso 4,75 miliardi in prestiti personali che per il 13% vengono giudicati equivalenti a subprime.
E tornano in attività di cartolarizzazione di mutui traballanti, impacchettandoli in obbligazioni garantite da prestiti sulla casa.
Ed ancora:
Mutui e loro derivati non sono il solo angolo del mercato sotto i riflettori.
Tra i prestiti fragili oggi si contano nell’auto – in tutto 1.300 miliardi, saliti del 40% in dieci anni.
Sono considerati meno pericolosi per il sistema finanziario, perché poco cartolarizzati e a minor grado di contagio, ma non innocui: un record di ben sette milioni l’anno scorso soffrivano di ritardi di almeno tre mesi.
E i titoli garantiti da asset nell’auto, al contempo, si sono impennati a 107 miliardi da 59 miliardi nel 2011.
Mentre gli standard si sono allentati: Santander Usa, tra i leader nel settore, ha verificato il reddito di solo il 3% dei creditori nell’ultimo anno prima di impacchettare i prestiti in bond per un miliardo di dollari.
Dopo la crisi, i prestiti ai soggetti a rischio si erano sostanzialmente azzerati; ma negli ultimi anni alcune società specializzate hanno iniziato a riproporli, cercando di districarsi in una fitta selva di nuove regole studiate per proteggere i debitori e gli investitori, in un mercato dei mutui per la casa da 9,3 trilioni di dollari.
Ad attrarre gli investitori sono i rendimenti offerti che appaiono particolarmente appetibili rispetto a quelli garantiti dal business de rifinanziamento dei mutui, reso a sua volta meno competitivo dall’aumento del costo del denaro generato dal rialzo dei tassi di interesse della FED.
Le riforme finanziarie del “Dodd Frank Act”, sostiene il Financial Times, renderebbero questi titoli meno rischiosi rispetto al passato.
Ma i potenziali problemi restano ed alcuni titoli coinvolgerebbero crediti concessi a clienti con un punteggio creditizio molto basso.
Fonte: valori.it – 29 marzo 2018 | Il Sole 24 ore – 2 ottobre 2019