È stata presentata oggi a Torino l’Indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2017: “Consapevolezza, fiducia, crescita: le sfide dell’educazione finanziaria”, un progetto del Centro Einaudi e di Intesa Sanpaolo.
Per il secondo anno consecutivo le risposte migliorano.
A differenza del 2016, la ripresa tocca tutte le classi di reddito intervistate: quelle più basse, il ceto medio e le famiglie con un reddito superiore.
Spicca il salto di 10 punti, dall’82 al 92%, della quota di intervistati che nel 2017 è stato finanziariamente indipendente.
Casa, proseguono gli acquisti: nel 2016 ne ha comprata una il 5% degli intervistati ed il 77,6% delle relative famiglie vive in un’abitazione di proprietà.
Il valore medio, per famiglia, del patrimonio immobiliare, auto-stimato al netto dei mutui in corso, approssima i 217.000 Euro e corrisponde a una ricchezza immobiliare complessiva pari a circa 3 volte e mezzo il PIL, circa il doppio della ricchezza mobiliare.
Solo il 18,5% del campione sarebbe disposto a vendere la casa per vivere meglio (attraverso un prestito ipotecario vitalizio), anche se il 35,5% lo farebbe “in caso di estrema necessità”.
Le ragioni sono semplici e comprensibili. Un immobile è percepito dai risparmiatori non solo come un investimento sicuro, ma anche come un investimento che fa risparmiare l’affitto e come un mezzo per trasferire un’eredità.
Di qui le resistenze a liquidarlo.
Tra i 45-54enni, il 6,3% ha fatto un acquisto e l’1,2% ha scelto un immobile da investimento.
Trasformando le intenzioni di acquisto di case in valori assoluti, si trova che potrebbero essere richieste al mercato circa 1,5 milioni di case: tanto da triplicare le transazioni di edilizia residenziale del 2016, che sono state poco più di 500 mila.
La casa è ritornata, anche per gli interessi a zero, un possibile bene di investimento.
Compie un progresso anche il giudizio di sufficienza del reddito rispetto al tenore di vita: in un solo anno il saldo tra la percentuale di intervistati che considera il reddito sufficiente ovvero insufficiente passa da +30 a +51%.
Il dato è frutto del rialzo (dal 47,2 al 60,8%) della quota di chi giudica sufficiente o più che sufficiente il proprio reddito e della diminuzione dal 17,2 al 9,8% di chi invece ritiene insufficiente o del tutto insufficiente il proprio reddito.
Più risparmiatori e più risparmi: si torna a progettare.
Il segnale del 2017 è univoco: le famiglie in grado di risparmiare crescono dal 40 al 43,4%.
I risparmiatori non intenzionali sono coloro che sono riusciti a mantenere il controllo del bilancio famigliare, sicché alla fine dell’anno si sono trovati ad aver speso meno di quanto avessero incassato.
La quota di queste famiglie ha recuperato circa un punto percentuale dal 2016, raggiungendo il 21,4% del campione; la brusca contrazione iniziata nel 2012 sembra definitivamente superata.
I risparmiatori intenzionali sono coloro che hanno risparmiato con uno scopo preciso: si tratta di un gruppo che negli anni si è sempre mantenuto più o meno stabile, poco al di sotto di un quarto del campione.
Nel 2016 i risparmiatori intenzionali erano un quinto del campione, quest’anno ritornano al 22%, avvicinandosi alla cifra fisiologica.
Il fatto che la crescita dei risparmiatori intenzionali sia superiore a quella dei risparmiatori non intenzionali indica che le famiglie stanno tornando a progettare ed è coerente con l’aumento della propensione media al risparmio, dal 9,6 all’11,8% del reddito.
Si risparmia per far fronte alle incertezze.
Il risparmio per i figli equivale a quello per la casa. L’analisi delle motivazioni al risparmio dei risparmiatori intenzionali (figura 2.20) mostra i motivi precauzionali prevalenti; tuttavia il dato, che aveva visto un rilevante incremento nel 2016, è tornato nel 2017 ai livelli precedenti (meno della metà del campione lo cita come motivazione principale).
Il risparmio precauzionale è particolarmente presente nella fascia di età più giovane ed è probabilmente riconducibile a una persistente incertezza sul futuro.
Il risparmio per la casa (ristrutturazione o acquisto), dopo aver perso nel 2015 e nel 2016, torna quest’anno a superare il 16% ed è particolarmente diffuso nelle fasce d’età fra 35 e 54 anni.
Il dato relativo a coloro che risparmiano per i figli non vede una significativa variazione tra il 2016 e il 2017: la preoccupazione per i figli comincia a essere rilevante a partire dai 45 anni e permane in età anziana.
I giovani tendono a non accumulare per la vecchiaia, rinunciando alle potenzialità della capitalizzazione composta: il risparmio per l’età anziana, che ritrova spazio nel 2017 dopo la riduzione dell’anno passato, compare in generale a partire dai 35 anni di età e continua anche oltre i 65 anni; è più presente nelle donne (che risparmiano invece meno della media per la casa e per i figli).
Fonte: L’Indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2017: “Consapevolezza, fiducia, crescita: le sfide dell’educazione finanziaria” – Centro Einaudi e Intesa Sanpaolo – Torino, 14 settembre 2017
P.s: interviste effettuate da Doxa fra gennaio e febbraio 2017 a 1.024 famiglie detentrici di conto corrente bancario e/o postale o di una carta equivalente; all’interno della famiglia è stato intervistato il principale decisore in merito a risparmio e investimento, ossia la persona più informata e interessata circa gli argomenti trattati nel questionario (nel 81,7 per cento dei casi, il capofamiglia). Il campione selezionato è rappresentativo per classi d’età, professioni, titoli di studio e zone geografiche.