OMI: nel 2021, compravenduti 36.984 negozi (+17,3% sul 2019) e 12.419 uffici (dato più alto dell’ultimo decennio)

OMi-Rapporto-mercato-immobiliare-non-residenziale-2022

Nel Rapporto Immobiliare 2022, dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate (OMI), si rileva come i dati del 2021 confermino una consistente ripresa del mercato immobiliare, sia nel settore residenziale che in quello non residenziale.

L’effetto “compensazione”, a seguito delle chiusure imposte nel 2020, ha amplificato una tendenza espansiva già in atto dal 2014 e confermata in pieno dai nuovi dati.
Così che la cesura dell’anno precedente risulta di fatto neutralizzata, se si tiene conto della combinazione dei dati del biennio 2020-20.

Le tipologie immobiliari oggetto di particolare approfondimento nel prosieguo del Rapporto, sono quelle tradizionalmente collegate ai settori terziario (uffici A/10), commerciale (negozi C/1 e laboratori C/3) e produttivo (capannoni D/1 e industrie D/7).
Per tali tipologie si propone un’analisi dettagliata dello stock immobiliare, degli andamenti dei volumi di compravendita e delle quotazioni di mercato.

Sono altresì riportati, per completare il quadro delle tipologie edilizie non residenziali, i dati riferiti alle unità immobiliari destinate a Depositi commerciali, Uffici pubblici, Istituti di credito, Edifici commerciali, Alberghi e comparto Agricolo.

In termini di stock immobiliare, fra i tre segmenti che saranno oggetto di approfondimento nei capitoli successivi, i negozi rappresentano la tipologia edilizia con il numero di unità più consistente (poco più di 2,5 milioni di unità), che rappresenta oltre un quarto dello stock non residenziale.
Analogamente, per le compravendite i negozi restano il segmento con il più elevato volume di scambio, quasi 37.000 NTN nel 2021, pari a quasi il 25% del totale degli immobili non residenziali scambiati.

Con riferimento all’IMI, cioè alla quota di stock compravenduta, delle tre principali aggregazioni sono invece gli uffici a presentare l’indice più alto (prossimo al 2%).
Riguardo i valori, nazionali e per area territoriale, delle variazioni percentuali dei volumi delle compravendite, espressi in termini di NTN, registrate nel 2021 rispetto al 2020 e al 2019, il settore produttivo è quello che presenta i tassi di espansione più significativi.

L’andamento storico nazionale delle tipologie non residenziali, in termini di volumi di compravendita, con base 100 all’anno 2004, evidenzia come la flessione dei volumi di compravendita sia cominciata nel 2006, con un calo particolarmente accentuato negli anni 2008 e 2009.
Dopo il biennio 2010-2011, con le compravendite che contengono le perdite o addirittura accennano una piccola ripresa (produttivo), gli scambi sono nuovamente in ripido calo nel 2012, un andamento che si conferma, anche se con minore intensità, anche nel 2013.

Nel 2014 e nel 2015 le flessioni si attenuano, mostrando i primi segnali di un’inversione di tendenza che si è poi concretizzata negli anni successivi con una ripresa, a tratti indebolita e con qualche eccezione (gli uffici in calo nel 2018), con l’unica inevitabile eccezione del 2020.

Relativamente ai valori di mercato, i dati nazionali e per area territoriale confermano la tendenza a un calo generalizzato dei valori, con tassi che vanno dal -2,6% dei negozi al -0,4% rilevato nel comparto degli uffici.
L’indice delle quotazioni OMI conferma come la tendenza di segno negativo sia ormai più che decennale.
I negozi sono il segmento del non residenziale con la maggior perdita di valore, superiore al 25% nel confronto con il 2008.


MERCATO IN CRESCITA PER GLI UFFICI | Lo stock immobiliare:
Nel 2021 risultano censite negli archivi catastali poco più di 633.000 unità immobiliari della tipologia uffici, corrispondenti alla categoria catastale A/10 (uffici e studi privati).
Si può osservare che il Nord presenta più della metà delle unità censite come uffici (oltre il 53% del totale nazionale), poco più del 20% è localizzato nell’area Centro, poco più del 25% tra Sud e Isole.

Scendendo alla scala regionale, il dato nettamente più rilevante si riscontra in Lombardia (21,3%), seguita da Emilia-Romagna e Veneto, di poco al di sopra del 10%.
Al di fuori dell’area settentrionale, i dati più significativi si osservano nel Lazio e in Toscana (entrambe al 7,9%) in Centro, mentre al Sud spiccano Campania e Puglia (rispettivamente 6,3% e 5,5%) e nelle Isole la Sardegna (5,6%).

I volumi di compravendita:
In termini di volumi compravenduti, nel comparto uffici prosegue l’alternanza di segni positivi e negativi in atto da un quinquennio.
In termini assoluti, tuttavia, il dato del 2021 (12.419 unità compravendute) è il più alto registrato nell’ultimo decennio.

L’incremento su scala nazionale, rispetto al 2019, è stato del 17,8%.
A livello di macroarea territoriale si oscilla tra il +27,3% del Sud e il +12,2% del Nord Ovest, macroarea a cui appartiene l’unica regione con tasso negativo (la Liguria, -2,4%).
Al Sud e nelle Isole l’espansione aggregata, superiore al 20%, si concentra in realtà in poche realtà regionali: da un lato Puglia (+51,8%) e Calabria (+51,2%), dall’altro la Sicilia (+28,6%).

L’analisi in termini di intensità delle compravendite, parametro misurato dall’IMI, consente di comprendere la dinamica relativa tra i singoli mercati: si evidenziano, così, il maggiore dinamismo delle regioni settentrionali (IMI pari al 2,20% nel Nord Ovest, al 2,17% nel Nord Est) e, al contrario, quello minore del Sud e delle Isole (1,53% in entrambi i casi).

La regione con IMI più elevato (2,44%) è la stessa che presenta l’NTN più elevato (3.297), la Lombardia.
Nessuna regione del Sud e delle Isole presenta un IMI prossimo o superiore al 2% (1,81% la Puglia, da 1,56% in giù le altre).

L’espansione più significativa si è avuta nei comuni minori, con un tasso pari al +24%, quasi doppio rispetto a quello dei capoluoghi, che conservano tuttavia una maggiore intensità negli scambi (IMI pari al 2,17%, contro l’1,79% dei comuni non capoluogo).

In relazione all’andamento del numero indice del NTN degli uffici dal 2004, per aree geografiche a livello nazionale e per i comuni capoluogo, l’analisi delle serie evidenzia per tutte le macroaree e con sporadiche eccezioni, che non hanno comunque interessato le aree più dinamiche del Paese (Nord Est e Nord Ovest), un forte calo delle compravendite tra il 2007 e il 2012.
Seguito da una fase sostanzialmente stabile e, dal 2019, da una fase di espansione, con l’eccezione del 2020.

La distribuzione per comune del NTN 2021, evidenzia la maggior diffusione di compravendite nei comuni del Centro e nel Nord-Est, mentre nel Sud sono molto più sporadiche le compravendite di uffici.
Dalla stessa mappa risulta che, nel 2021, sono state realizzate compravendite di uffici in poco più di 1.900 comuni sull’intero territorio nazionale, ma in soli 31 di essi hanno superato le 50 unità scambiate.

Le quotazioni:
A livello nazionale, la quotazione media annuale di riferimento, per unità di superficie, per la tipologia uffici, risulta nel 2021 pari a 1.329 €/m2, a conferma di una dinamica di progressivo calo in atto da circa un decennio (-0,4%, tra 2021 e 2020).
Nelle macroaree settentrionali, in realtà, i dati mostrano un incremento, per quanto non omogeneo, delle quotazioni medie: nel Nord Ovest il tasso aggregato è +1,5%, per effetto principalmente del contributo della Lombardia (+2,5%), mentre nel Nord Est il tasso aggregato è +0,5%, con l’incremento concentrato soprattutto in Emilia-Romagna (+1,3%).

Il calo più consistente si è invece rilevato al Centro, -3,4%, con segno negativo in tutte le regioni e un -16,1% nella sola Umbria.
In termini assoluti, la Liguria resta la regione con la quotazione media più elevata (1.969 €/m2, -0,6%), seguita dal Lazio (1.792 €/m2, -2,9%).
Tra Sud e Isole sono soltanto tre le Regioni con quotazione superiore ai 1.000 €/m2 (Campania, Sardegna e Puglia).

L’aggregazione per aree vede il dato più alto non più nel Centro (1.463 €/m2, come detto -3,4% rispetto al 2020), ma nel Nord Ovest (1.524 €/m2).

Prendendo a riferimento la quotazione media nazionale per la tipologia uffici, risultata pari, come detto, a 1.329 €/m2, è stato calcolato l’indice territoriale, per area e per regione.
Considerando i soli comuni capoluogo di provincia, nel 2020 la quotazione media di riferimento nazionale per la tipologia uffici si attesta a 1.786 €/m2, con un calo dello 0,6% rispetto alla rilevazione dell’anno precedente

La disaggregazione regionale suggerisce osservazioni in gran parte analoghe a quelle già sviluppate per i dati di carattere generale.
La quotazione più elevata, in questo caso, risulta quella dei capoluoghi della regione Lazio (2.525 €/m2, +4,9%).

L’andamento nelle principali città:
L’approfondimento del mercato delle unità a destinazione uffici, nelle 12 città con popolazione superiore ai 250.000 abitanti, evidenzia che il mercato più dinamico resta nettamente quello di Milano (NTN pari a 1.164 unità, più del doppio di Roma).

Rispetto al 2019 le variazioni più rilevanti di segno positivo si sono registrate a Bari e Palermo, mentre il calo più evidente si è avuto a Venezia.
In termini di quotazioni, l’unico incremento rispetto al 2020 si è avuto a Milano (+2,7%); il dato medio più elevato resta quello di Venezia (3.791 €/m2).


IL MERCATO DEI NEGOZI | Lo stock immobiliare:
Lo stock delle unità immobiliari censite in Catasto nelle categorie C/1 e C/3, che comprende gli immobili a destinazione negozi e laboratori, conta nel 2021 oltre 2,5 milioni di unità sul territorio nazionale.
Un dato in leggero ma costante calo, ormai dal 2014.

La distribuzione territoriale mostra come oltre un quarto del totale delle unità immobiliari sia concentrato al Sud (27,1%), seguito dal Nord Ovest (24,1%) e dal Centro (21,9%).
La disaggregazione regionale vede emergere anche in questo caso la Lombardia (con poco meno di 360.000 unità), seguita dalla Campania (oltre 280.000 unità).
Nelle altre aree emergono il Lazio (circa 245.000 unità) nel Centro, la Sicilia (oltre 210.000 unità) tra le Isole e il Veneto (quasi 200.000 unità) nel Nord Est.

Dall’analisi della distribuzione dello stock per capoluoghi e comuni non capoluogo, si nota che lo stock immobiliare dei negozi si concentra per meno di un terzo nelle città capoluogo e per più di due terzi nei comuni minori.
La concentrazione nei capoluoghi risulta sensibilmente sopra la media al Centro (oltre 40%), mentre è sensibilmente al di sotto della media nel meridione (22%).

I volumi di compravendita:
In termini di volumi compravenduti, il dato medio tra 2020 e 2021 (circa 32.000 unità compravendute) risulta in linea, anzi leggermente superiore, al dato del 2019 (circa 31.500).
Si possono dunque ritenere pienamente assorbita la contrazione artificiosa registrata lo scorso anno e, di fatto, tuttora in corso la fase di espansione di questo segmento di mercato iniziata nel 2014.

In Lombardia si concentra oltre il 20% delle compravendite nazionali (più del 30% nel Nord Ovest, quasi il 50% considerando anche il Nord Est).
I tassi di variazione più significativi si sono registrati nel Nord Est (+20,7% rispetto al 2019) e al Centro (+19%, rispetto al 2019).

Anche per quanto riguarda l’IMI, che consente un confronto più equilibrato tra le diverse realtà territoriali (essendo i volumi compravenduti rapportati al relativo stock), la Lombardia segna il dato più rilevante (unico caso con indice superiore al 2%), trainando la relativa area, il Nord Ovest (IMI pari a 1,88%).
In generale i dati confermano la maggiore espansione del Nord e del Centro, nel confronto sia con il 2019 che con il 2020.

La disaggregazione tra capoluoghi e comuni minori, definita per aree, mostra un maggiore incremento da parte di questi ultimi (+22,7% rispetto al 2019, contro il +9,4% dei comuni capoluogo), tendenza che accomuna tutte le macroaree territoriali, ad eccezione del Sud (dove i due tassi sostanzialmente si equivalgono).
In termini di IMI, invece, permane in ogni area del Paese una tanto significativa quanto prevedibile prevalenza dei comuni capoluogo, con una media nazionale di 1,86%, contro l’1,30% dei comuni minori.

La serie storica dal 2004 al 2021 conferma un andamento sostanzialmente analogo in tutti gli ambiti analizzati: a un primo forte calo di volumi di mercato dal 2006 al 2009, accentuatosi soprattutto negli ultimi due anni, è seguita una stabilizzazione nel biennio 2010-2011.
Nel 2012 si è avuto un nuovo crollo, particolarmente evidente e generalizzato, che ha avuto una coda, seppur non dirompente, nel 2013.
Dal 2014 i rialzi sono diffusi e persistono, con poche eccezioni e nonostante l’anomalia del 2020, fino a quest’ultima rilevazione.

Una dinamica analoga ha interessato l’IMI, che in ogni caso, nonostante la ripresa avuta negli ultimi anni, resta ancora lontano dai massimi registrati all’inizio della rilevazione (2004).

Le quotazioni:
Sulla base delle quotazioni OMI medie comunali rilevate nel I e II semestre del 2021, per la tipologia edilizia negozi è stata calcolata una quotazione media, pesata con il relativo stock comunale, per regione e per area territoriale.
La quotazione media di riferimento, per unità di superficie, per la tipologia negozi a livello nazionale è pari a 1.444 €/m2, in costante calo (-2,6%, rispetto al 2020) ormai da circa un decennio.

Tra le macroaree, il valore assoluto più alto è quello del Centro (poco meno di 1.600 €/m2), in calo del 4,2%.
Si conferma il notevole divario territoriale tra le quotazioni medie delle macroaree centro-settentrionali (tutte superiori a 1.550 €/m2), e le macroaree Sud e Isole, entrambe con quotazioni medie inferiori ai 1.250 €/m2.

A livello regionale, il Lazio, pur conservando la quotazione media più alta, registra un ulteriore calo del 3,9%, arrivando a 1.876 €/m2, mentre Basilicata e Calabria sono le due regioni che mantengono il proprio dato medio al di sotto dei 1.000 €/m2.
Sulla base della quotazione media di riferimento nazionale per la tipologia negozi, come detto pari a 1.444 €/m2, è stato calcolato l’indice territoriale delle quotazioni, per area e per regione.
Esso evidenzia di quanto il livello delle quotazioni medie per la tipologia si discosti, nelle diverse aggregazioni territoriali, dalla quotazione media nazionale.
Ne risulta la fotografia di un’Italia territorialmente definita, come accennato in precedenza, con Centro e Nord sopra la media, Sud e Isole sotto la media nazionale.

Rappresentando i valori dell’indice territoriale, per area e per regione, calcolati rispetto al dato medio nazionale, emerge una certa dispersione dei valori medi, soprattutto nell’ambito di alcune macroaree (cfr. ad esempio il Centro).
Le regioni del Sud presentano comunque, anche in termini disaggregati, valori decisamente inferiori al dato nazionale, con l’eccezione della Campania, che permane l’unica regione meridionale a presentare un valore dell’indice superiore a 100 (105,3).

Nel Centro continua a spiccare inevitabilmente il dato del Lazio, che scende tuttavia al di sotto di 130, permanendo il più alto in assoluto a livello nazionale.
Al Nord, infine, emerge il dato della Liguria (129,1), mentre solo Friuli Venezia Giulia e Piemonte presentano un indice inferiore a 100 (rispettivamente 82,6 e 73,9).

Esaminando le quotazioni dei negozi nei soli capoluoghi di provincia, risulta che la quotazione media di riferimento, per unità di superficie, a livello nazionale scende al di sotto dei 2.000 €/m2, in calo rispetto alla quotazione media 2020 del 3,1%.
Tutte le aggregazioni territoriali (regioni e aree) presentano, anche in questo caso, il segno meno, ad eccezione della sola Basilicata (+1,4%).

In termini assoluti, anche per i soli capoluoghi la regione con la quotazione media più elevata si conferma la Lombardia (2.871 €/m2); seguono il Veneto, con 2.531 €/m2, e la Campania, con 2.325 €/m2 (unica, tra Sud e Isole, oltre i 2.000 €/m2).

L’andamento nelle principali città:
Con riferimento alle città con popolazione superiore ai 250.000 abitanti, i dati del 2021 di NTN, IMI, quotazione media e indice territoriale (sulla base della quotazione media nazionale dei capoluoghi, 1.944 €/m2) per la tipologia negozi, per NTN e IMI si propone il doppio confronto con il 2019 e con il 2020.

In termini di volumi scambiati, rispetto al 2019 si registrano andamenti piuttosto divergenti, a partire dalle due principali città, Roma (NTN pari a 2.074, +3,49%) e Milano (NTN pari a 1.768, -12,38%).
In termini di IMI, le due città più dinamiche si confermano Milano (2,93%) e Torino (2,78%); il mercato urbano meno dinamico è invece quello registrato a Napoli (IMI pari all’1,58%).

La tendenza negativa si estende anche in questo caso alle quotazioni, con l’eccezione dei due capoluoghi veneti.
Il valore medio più alto si conferma così quello di Venezia (4.304 €/m2, oltre il doppio rispetto al dato medio nazionale), dato invariato rispetto al 2020, con al secondo posto Milano (3.490 €/m2, anch’esso sostanzialmente invariato), mentre il tasso negativo più rilevante si è registrato a Roma (-4,6%).


IL MERCATO DEL SETTORE PRODUTTIVO | Lo stock immobiliare:
Nelle categorie D/1 e D/7, riconducibili in larga parte al settore produttivo, risultano censite negli archivi catastali, al 2021, oltre 800.000 unità, di cui quasi il 60% ubicate nell’area del Nord (rispettivamente il 31,8% nel Nord Ovest e il 25,9% nel Nord Est).
La parte restante risulta per lo più equamente distribuita tra Centro (17,8%) e Sud (17,3%), mentre risulta assai limitata, solo il 7,1% del totale, la presenza di questa tipologia di immobili nelle Isole.

La maggior presenza relativa di immobili produttivi si rileva in Lombardia col 19,8%.
Seguono, con valori sensibilmente inferiori, il Veneto, l’Emilia Romagna ed il Piemonte rispettivamente con il 12,1%, l’11,7% ed il 9,8% dello stock nazionale.
Tra le regioni del Centro, la maggior quota di immobili produttivi è in Toscana, 6,7%, mentre nel Lazio la quota è pari al 5,1%.
Tra le regioni del Sud, la Puglia e la Campania risultano quelle con il maggior peso sullo stock nazionale (rispettivamente, il 5,5% ed il 5%).

Contrariamente a quanto riscontrato per la tipologia uffici, lo stock immobiliare produttivo presenta una concentrazione marcata, come è prevedibile, nei comuni non capoluogo.
L’analisi della ripartizione dello stock produttivo tra comuni capoluogo e restanti comuni, evidenzia infatti come circa l’84% delle unità produttive si concentri nei comuni minori; questa distribuzione caratterizza, con una certa omogeneità, tutte le aree territoriali, passando dall’88% del Nord Ovest al 77% del Centro.

I volumi di compravendita | rialzo record:
Dopo il rallentamento registrato nel 2018 e nel 2019, con tassi di espansione dei volumi compravenduti inferiori all’1%, e l’inevitabile calo del 2020 (-12,1%), nel 2021 il mercato del settore produttivo torna a crescere in modo consistente (+24,5% rispetto al 2019), raggiungendo il numero di compravendite (NTN pari a 15.161) più alto al 2008.

Il tasso di variazione biennale è risultato superiore al 20% in tutte le macroaree, ad eccezione delle Isole (+12%); tutte le regioni hanno presentato tassi di espansione rispetto al 2019 a doppia cifra, ad eccezione della Liguria (+4,1%) e della Sicilia, unica con tasso negativo (-4,1%).
In termini aggregati, oltre i due terzi dell’intero mercato si concentra al Nord, più di un quarto nella sola Lombardia.

Anche rapportando le compravendite ai relativi stock, gli equilibri territoriali cambiano poco, con il Nord Ovest (IMI 2,24%) e la Lombardia (IMI 2,48%) le realtà più dinamiche rispettivamente tra le macroaree e tra le regioni.
A parità di stock, nelle Isole le compravendite risultano meno della metà rispetto a quelle delle macroaree settentrionali.

Segmentando l’analisi tra comuni capoluogo e non capoluogo, si rileva un tasso di espansione rispetto al 2019 superiore per i primi, sia a livello nazionale (+30,8%, contro +23,2%), sia a livello di macroarea (unica eccezione al Sud, dove i comuni minori hanno registrato un tasso di espansione sensibilmente superiore).
Per quanto riguarda l’IMI, i capoluoghi presentano un dato leggermente superiore (2,00%, contro 1,86%), una tendenza che accomuna tutte le macroaree territoriali, stavolta senza eccezioni.

Disaggregando il settore per classi di rendita, la dinamica osservata appare abbastanza omogeneamente distribuita: l’unico tasso che si discosta di oltre 10 punti dalla media è quello della classe con rendita compresa tra 100 e 500 € (+10,3% nel confronto con il 2019, +25,4% rispetto al 2020, contro rispettivamente +24,5% e +41,6% alla scala nazionale).
Il tasso biennale aggregato di crescita relativamente basso delle Isole (+12,2%, meno della metà di quello nazionale) deriva dalla forte compressione della classe più bassa (fino a 100 €, -46%) e dalla crescita contenuta della classe più consistente, quella intermedia (tra 500 e 5.000 €, +15,7%).

Riportando la serie storica del NTN dal 2004 al 2021, espressa tramite il numero indice.
Risultano con evidenza il già ricordato rallentamento che il mercato aveva subito nel biennio 2018-2019, la flessione del 2020 e il forte rimbalzo del 2021.

Riguardo la serie storica dell’IMI, il quadro che ne risulta corrisponde, sostanzialmente, a quanto detto in relazione al NTN, confermando quanto i dati attuali siano lontani, a prescindere dalle singole rilevazioni, dai livelli del 2004-2006, con il numero indice quasi dimezzato in termini aggregati, nonostante l’incremento dell’ultima rilevazione.

Le quotazioni:
Sulla base delle quotazioni OMI medie comunali rilevate nel I e II semestre del 2021, per i capannoni tipici e industriali, che rappresentano una gran parte del settore produttivo9, è stata calcolata una quotazione media, pesata con il relativo stock comunale, per regione e per area territoriale.

La quotazione media annuale di riferimento per unità di superficie, per gli immobili del settore produttivo a livello nazionale, risulta nel 2021 pari a 461 €/m2, in calo di un ulteriore 1,7% rispetto al 2020, a conferma di una dinamica ormai consolidata.
Gran parte delle regioni risulta in flessione o stabile, la Calabria è l’unica ad aver avuto un incremento apprezzabile, per quanto minimo (+0,6%), mentre il tasso negativo più rilevante è quello dell’Umbria (-14,3%).

La quotazione media più alta resta quella della Liguria (729 €/m2), seguita da quelle di Valle d’Aosta (684 €/m2) e Lazio (619 €/m2).
Gran parte delle quotazioni più basse, ovvero inferiori a 400 €/m2, si concentra invece nelle regioni meridionali (unica eccezione la Campania, 475 €/m2).
A livello di macroaree, i tassi, tutti negativi, oscillano tra il -3,2% del Centro e il -0,5% del Nord Est.
La quotazione media più elevata resta quella del Centro, con 503 €/m2.

Risulta evidente al Sud una concentrazione di regioni con quotazioni medie inferiori al dato nazionale (uniche eccezioni, come in parte già accennato, la Campania e la Sardegna), mentre il quadro si presenta piuttosto disomogeneo nelle altre aree, con i valori positivi più significativi concentrati nel Centro (Lazio e Toscana) e nel Nord Ovest (Liguria e Valle d’Aosta) e la quotazione media più bassa in assoluto nel Nord Est con il Friuli Venezia Giulia (296 €/m2).


IL LEASING IMMOBILIARE:
La crescita registrata nel 2021 trova conferma nel primo quadrimestre 2022, sempre trainata dal segmento “costruito”.
Complessivamente lo scorso anno si è osservato un +9,7% del numero e +9,0%, del valore dei contratti stipulati, pari a quasi 3 miliardi di euro.

La dinamica migliore si è registrata nel comparto del leasing “costruito”, dove si sono confermati prevalenti i contratti compresi tra 0,5 e 2,5 milioni di euro (727 milioni), mentre l’incremento più elevato (31,2%) si è osservato nella classe d’importo superiore ai 2,5 milioni di euro.
Gli immobili industriali rappresentano il 48,8% in valore, seguiti da immobili commerciali (28,6% in valore) e uffici.

Nel primo quadrimestre del 2022, il leasing immobiliare ha ripreso a crescere, sia in volume, +8,4%, sia in numero, +4,2%, grazie al balzo del +11,6% del “costruito” e ad una ripresa nel solo segmento “da costruire” di maggiore importo.
La rischiosità del comparto ha continuato a contrarsi nel quinquennio 2015-2020.


Fonte: RAPPORTO IMMOBILIARE 2022 | Immobili a destinazione terziaria, commerciale e produttiva – 26 maggio 2022