Tecnoborsa (società per lo sviluppo del mercato immobiliare, riconducibile al sistema delle Camere di Commercio che gestisce anche la Borsa immobiliare di Roma), da diversi anni approfondisce le dinamiche collegate al rapporto tra le famiglie e i temi dell’abitare, analizzati in funzione del mercato immobiliare.
A questo scopo, con il proprio Centro Studi sull’Economia Immobiliare, ha recentemente pubblicato ‘La casa ideale a Roma – indagine sull’idea di abitazione delle famiglie romane’, offrendo un’interessante panoramica sulle dimensioni e caratteristiche delle abitazioni, con una grande quantità di informazioni di rilievo non solo per gli operatori del settore.
Approfondendo la realtà locale ed esplorando i sogni delle famiglie che hanno il privilegio di vivere a Roma, città unica al mondo.
La più grande area urbana del Paese, con un territorio che si sviluppa su una superficie complessiva pari alla somma delle nove più grandi città italiane ed una popolazione che arriva a superare i quattro milioni e mezzo di persone, tra residenti, visitatori abituali e turisti.
LA CASA “REALE” | Come abitano i romani:
Come accade nel resto d’Italia, la stragrande maggioranza delle famiglie romane (73,4%) vive in una abitazione di sua proprietà.
Questo titolo di godimento è particolarmente diffuso fra coppie e coppie con figli, in particolare nelle aree dell’Agro romano.
Il 10,2% di queste vive in un alloggio in locazione da privati e un ulteriore 10,1% in affitto da enti pubblici.
La condizione di inquilino, pertanto, riguarda complessivamente il 20,3% dei nuclei, con una particolare incidenza per quelli unifamiliari.
Un 4% degli intervistati dichiara di vivere in coabitazione e, anche in questo caso, il co-housing è più diffuso fra i singoli nelle aree del Centro Storico e dei quartieri urbani Nord e Sud.
Infine, appare residuale la quota di chi gode di un alloggio ad altro titolo, con un valore pari al 2,3%.
Bisogna considerare la fascia del disagio abitativo e della precarietà.
I richiedenti un alloggio di edilizia pubblica si stima siano a Roma 14.000, di cui 3.000 in condizioni gravi sia sotto il profilo alloggiativo che sociale e di reddito.
Le dimensioni delle abitazioni: un aspetto che ha assunto una particolare importanza, a seguito delle restrizioni che hanno caratterizzato il periodo della pandemia, è quello inerente la dimensione dell’abitazione utilizzata.
Gli alloggi di piccolo taglio (fino a 35 m2) sono il 9,1% del totale, quelli nella categoria medio-piccola (36-70 m2) il 33,4%, mentre un ulteriore 34,9% ha dimensione compresa fra 71 e 100 m2.
Le abitazioni di taglio superiore ai 100 m2, rappresentano complessivamente il 22,6%.
I nuclei familiari: questo tipo di distribuzione degli immobili, se confrontata con l’ampiezza rilevata dall’Istat nel 2022 dei nuclei familiari, rende evidente una situazione abitativa abbastanza soddisfacente sotto il profilo dimensionale.
Difatti, il 45,2% dei nuclei residente a Roma è composto da un solo componente, il 23,9% da due componenti, il 16,1% da tre componenti e il restante 14,8% da quattro e più componenti.
Bisogna sottolineare come molti piccoli nuclei siano costituiti da persone della terza età (singoli e coppie) che continuano ad abitare in alloggi di dimensioni medio-grandi, come continuazione di una storia familiare che si è andata modificando nel tempo, riducendo la numerosità dei componenti familiari.
Si può in qualche modo dedurre che l’effetto demografico si proietti anche sull’utilizzo del patrimonio edilizio di una città come Roma, investita da un crescente processo di invecchiamento della popolazione.
Le dimensioni, in relazione al titolo di godimento: l’ampiezza dell’abitazione occupata assume una certa variabilità, anche in funzione del titolo di godimento.
Difatti, la maggiore incidenza negli alloggi di piccole dimensioni si registra nella locazione da Enti (17,9%) e nell’utilizzo ad altro titolo (20%), in cui è anche compreso l’uso degli immobili in corrispettivo di lavoro.
In generale, la locazione vede una maggiore incidenza di alloggi medio-piccoli (al di sotto di 70 m2), rispetto all’utilizzo in proprietà.
Mentre i proprietari (38,1%) vivono in alloggi compresi fra 71 e 100 m2, il 18,9% fra 101 e 140 m2, e il 5,4% oltre i 140 m2 (un valore doppio rispetto alla media generale).
Un discorso a parte merita la coabitazione che avviene, come è ovvio, tendenzialmente in alloggi medi o grandi.
Il titolo di godimento, nelle varie zone della città: sotto il profilo territoriale, resta confermata in tutti gli ambiti dell’area romana una prevalenza dell’utilizzo dell’alloggio in proprietà, sebbene si possa notare una quota superiore alla media di proprietari nelle zone dell’Agro Romano.
Le percentuali più basse di proprietari, si registrano nei quartieri urbani Nord (Salario, Montesacro, Cortina D’Ampezzo): l’incidenza della proprietà in queste aree è del 62,2%, della locazione da privati del 15,8%, della locazione da enti pubblici dell’11,7%.
Nel Centro storico si ha la quota più elevata di affitto da privati, con un’incidenza del 23,4% e la quota più bassa di affitto da enti pubblici (5%).
Nei restanti quartieri urbani l’incidenza della proprietà si attesta attorno ai valori medi.
Nei quartieri urbani Ovest (Gianicolense, Aurelio, Primavalle, Trionfale) si registra la maggiore quota di alloggi di enti pubblici ceduti in locazione, pari al 15%.
La maggiore diffusione della proprietà riguarda le zone dell’Agro Romano, che rappresentano, in effetti, la seconda cintura di espansione delle periferie urbane.
Nell’Agro Romano Nord (Val Melaina, Fidene, La Storta, Labaro ecc.), la proprietà raggiunge l’82,6%, in quella Est (Tor Sapienza, Torre Spaccata, Borghesiana, ecc.) l’86,9%, nell’Agro Romano Sud (Ostia, Acilia, Tor de Cenci) l’85,5% ed, infine, nelle zone dell’Agro Romano Ovest (Magliana Vecchia, Casalotti, Ottavia) si registra il valore massimo del 91%.
Le differenze per genere: l’utilizzo del patrimonio ha, naturalmente, una rilevante correlazione con le condizioni socio-economico delle famiglie utilizzatrici, ma alcune significative differenze possono essere riscontrate anche rispetto al genere della persona di riferimento dei nuclei familiari.
Un sostanziale equilibrio fra uomini e donne si registra fra i proprietari e gli inquilini da enti pubblici.
Per quanto riguarda invece la locazione da privati – e soprattutto il co-housing) – si registra una prevalenza (molto significativa nel caso delle coabitazioni) della persona di riferimento di sesso femminile.
Situazione ribaltata per quanto riguarda le altre forme di titolo di godimento.
Le differenze per classi di età della persona di riferimento: una differenziazione altrettanto importante si può rilevare nell’analisi per generazioni.
I nuclei con persone di riferimento più anziane vedono una maggiore incidenza di proprietari, pari al 79,7% per quelli di età compresa fra i 55-64 anni e il 78,7% per gli ultra 64enni.
Per i più giovani, significativa è l’incidenza di chi vive in locazione nelle abitazioni di enti pubblici (pari al 13,1%), mentre gli inquilini con locatori privati vedono una maggiore incidenza fra le generazioni intermedie, con l’11,5% fra i 45-54 anni e il 5,4% fra i 35-44 anni.
Le tipologie familiari: le linee tendenziali vedono le famiglie con figli avere una maggiore propensione alla casa in proprietà, rappresentando il 44,3% dei proprietari.
Una maggiore presenza di singoli e coppie si riscontra negli alloggi ceduti in locazione, mentre il co-housing riguarda le altre tipologie familiari (nuclei monogenitoriali, ricostruiti, ecc.).
La condizione socio-economica, in relazione al titolo di godimento: la proprietà della casa è un valore che attraversa orizzontalmente tutti i ceti sociali e, pur nelle differenze esistenti, non marca profonde disuguaglianze.
Difatti, con riferimento al livello socio-economico delle famiglie sotto il profilo del reddito disponibile, fatto 100 il numero di proprietari, il 17% appartiene a nuclei di livello alto e medio-alto, il 43,4% del livello medio e il 39,6% del livello medio-basso e basso.
Una certa differenza si nota invece per quanto riguarda l’affitto da enti, che rimanda alle differenze esistenti nelle tipologie di locatari.
Alcuni fanno riferimento a canoni di mercato, come nel caso degli enti previdenziali, altri all’edilizia residenziale pubblica o al social housing.
Per questa modalità d’uso dell’alloggio, ritroviamo un 10,3% dei gruppi sociali medio-alti e l’11,3% rispetto al complesso di strati sociali a basso reddito.
Il ceto medio vede, al contrario, una significativa incidenza pari al 12,2% degli inquilini da privati.
E’ interessante notare che comunque il mercato immobiliare, in tutte le sue diverse componenti, interessa (con variazioni non elevatissime) l’intera struttura sociale in modi simili.
Le famiglie più ricche hanno comunque una quota di proprietari pari al 77,3% del totale, certo superiore – ma non straordinariamente lontana – dai proprietari di più limitate disponibilità economiche, dove i possessori scendono al 73,4%.
Fonte: tecnoborsa.com – 28 novembre 2023
L’indagine si è basata su un campione costituito da 2.400 famiglie e viene effettuata ad annualità alterne:
- A) su tutto il territorio nazionale presso un campione statisticamente rappresentativo dell’universo di interesse formato dalle famiglie italiane residenti nei capoluoghi di provincia, in una selezione di comuni per un totale di 54 comuni analizzati;
- B) su un campione di famiglie italiane che risiedono in sei grandi città: Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo e Genova, individuate sulla base della densità abitativa, superiore a 500.000 abitanti.
I domini di studio, ossia gli ambiti rispetto ai quali sono riferiti i parametri di popolazione oggetto di stima, sono due riferiti alla:
- tipologia di famiglia (unipersonali, coppie con figli, coppie senza figli);
- alla residenza, nell’anno alternato a quello dedicato alle 6 grandi città, in 54 comuni italiani.